Riprendendo il saggio “Scultura lingua morta” di Arturo Martini
l’artista Giorgio Andreotta Calò prova a mettere in discussione questa celebre affermazione
trasformando la scultura in uno strumento vivo e contemporaneo
l’esposizione raccoglie la provocazione lanciata da Martini nel 1944
quando definì la scultura un linguaggio ormai incapace di rispondere ai drammi dell’umanità
Andreotta Calò risponde a questa sfida con una prospettiva che trasforma la scultura in uno strumento vivo
in grado di dialogare non solo con la memoria storica ma anche con Venezia stessa
Il percorso espositivo invita i visitatori a esplorare la plasticità della materia e i suoi segni lasciati dal tempo
conducendoli verso il cuore della riflessione: un dialogo visivo tra la Testa di Medusa(1929) di Martini e una delle opere della serie Meduse di Calò
giunta a Ca’ Pesaro grazie al PAC2021
queste due creazioni si confrontano in una tensione drammatica
dove la pietrificazione di Martini incontra l’interpretazione fluida e contemporanea di Calò
la scultura non è più un linguaggio muto
rispondendo alle inquietudini del presente.Accanto alle Meduse
altre opere iconiche di Andreotta Calò
come le Clessidre (2017-2022) e le Pinne Nobilis
richiamano con forme organiche e poetiche i fondali lagunari
evidenziando il legame indissolubile tra l’artista e Venezia
Tempo e memoria emergono come protagonisti silenziosi: nei tronchi corrosi dalle maree lagunari si scorge il passaggio inesorabile degli anni
in un fragile e sublime equilibrio tra natura e intervento umano
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La mostra si spinge oltre le installazioni e incontra l’architettura stessa di Ca’ Pesaro
i carotaggi – lunghi tubi semicilindrici in acciaio – diventano non solo strumenti di analisi scientifica
rivelando la storia stratificata del Palazzo Longheniano affacciato sul Canal Grande.Realizzato in collaborazione con il collettivo veneziano Ipercubo
questo lavoro combina documenti d’archivio e fotografie storiche per narrare la trasformazione fisica e simbolica della Galleria
in un dialogo profondo tra l’antico e il contemporaneo
Andreotta Calò non si limita a rispondere a Martini
lungi dall’essere una “lingua morta”
possieda un’assoluta vitalità
diventa il mezzo per evocare memoria e trasformazione
mentre l’acqua – presenza invisibile ma costante – attraversa le opere e le permea di una forza silenziosa.Il risultato è un intreccio indissolubile tra passato e presente
in cui la scultura si rivela un linguaggio universale
capace di parlare al nostro tempo con una voce potente e rinnovata.Asia MiniuttiLibri consigliati:
Un dialogo tra Giorgio Andreotta Calò
artista veneziano annoverato tra le voci più autorevoli dell’arte italiana a livello internazionale
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Alla Galleria di Ca' Pesaro un nuovo intervento di valorizzazione delle collezioni del museo
dedicato alle indagini nel contemporaneo: con l'inedito dialogo tra Giorgio Andreotta Calò
attraverso il linguaggio e riflessioni sulla scultura
Ca' Pesaro – Galleria Internazionale d'Arte Moderna ospita nelle Sale Dom Pérignon
artista veneziano annoverato tra le voci più autorevoli dell'arte italiana a livello internazionale
considerata nella sua plasticità e fisicità
partendo dalle riflessioni di Arturo Martini sull'incapacità della scultura di essere viva e universale
tradotte in una selezione di opere realizzate da Calò nell'arco di oltre vent'anni
Il titolo del progetto ospitato nella Sale Dom Pérignon di Ca' Pesaro
richiama il celebre scritto del 1944 di Arturo Martini
in cui lo scultore mette in dubbio la capacità della scultura di esprimersi in maniera viva e universale
negarne la possibilità di essere salvifica
nei terribili anni della Seconda Guerra Mondiale
autore fondante del gruppo di artisti che ai primi del '900 si erano riuniti intorno al primo Direttore di Ca' Pesaro Nino Barbantini e rappresentato nelle raccolte civiche conservate dalla Galleria
prende avvio un dialogo - quasi un corpo a corpo - tra Giorgio Andreotta Calò
La mostra propone un viaggio nelle opere più significative dell'artista
entrato nella collezione civica di Ca' Pesaro grazie al PAC2021 – Piano per l'Arte Contemporanea promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura sarà esposto nello scalone del Museo ad accogliere i visitatori del primo piano mentre un altro instaura nelle sale un dialogo inedito con la Testa di Medusa di Martini
proveniente dalle collezioni della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro
Insieme a queste opere sono esposti i materiali che per primi hanno attivato il dialogo dell'artista con il Palazzo sul Canal Grande: la seconda sala della mostra vive nei disegni e nei carotaggi, esito delle indagini eseguite dai professionisti dei Lavori Pubblici del Comune di Venezia sulla facciata di Ca' Pesaro.... leggi il resto dell'articolo»
Il rapporto tra la produzione plastica contemporanea e la città di Venezia
rappresentato dalla sensibilità di Calò cui si affiancano le collezioni di scultura di Ca' Pesaro e la monumentale architettura del Palazzo
si arricchisce delle suggestioni ispirate dai preziosi documenti provenienti dall'Archivio Storico della Galleria
Sono tracce di campagne fotografiche condotte sulle collezioni
di cambiamenti e riflessioni sull'allestimento delle opere
trame di una storia che si intreccia con la produzione di Calò attraverso lo sguardo trasversale e dialogico del collettivo Ipercubo
le indagini statiche e scientifiche sui materiali e sul palazzo
diventano tutti elementi di una lingua viva che testimonia il dialogo ininterrotto tra Venezia
i protagonisti del suo glorioso passato e gli interpreti del suo articolato presente
Ha studiato scultura all'Accademia di Belle Arti di Venezia e alla Kunsthochschule di Berlino
Tra il 2001 e il 2007 è assistente di Ilya ed Emilia Kabakov
Nel 2008 inizia la collaborazione con Galleria ZERO..
Nel 2008 si trasferisce in Olanda ed è artista in residenza alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten di Amsterdam (2009-2011)
Nel 2011 il suo lavoro è presentato alla 54
Nel 2012 vince il Premio Italia per l'arte contemporanea promosso dal MAXXI di Roma
Tra il 2012 e il 2013 è artista in residenza presso il Centre National d'Art Contemporain di Villa Arson a Nizza
Nel 2014 vince il Premio New York promosso dal Ministero per gli Affari Esteri italiano
Nel 2015 inizia a collaborare con la Galleria Sprovieri (Londra)
Nel 2017 è uno dei tre artisti invitati a rappresentare l'Italia nel padiglione curato da Cecilia Alemani alla 57
Biennale e con il progetto Anastasis vince il bando Italian Council (2017)
Nel 2019 gli viene dedicata una mostra personale presso Pirelli HangarBicocca a Milano
Tra il 2017 e il 2024 realizza per la collezione del Castello di Ama
Nel 2024 inizia la collaborazione con la Galleria Annet Gelink (Amsterdam)
Il suo lavoro è presente nelle principali collezioni dei musei di arte contemporanea italiani e in prestigiose collezioni private in Italia e all'estero
Dal 2016 stabilisce il suo studio a Venezia e dal 2021 insegna all'Accademia di Belle Arti nel dipartimento di Scultura
Resta aggiornato su eventi ed esposizioni d'Arte e Design organizzati in Italia
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La mostra è visitabile dal 15 novembre 2024 al 4 marzo 2025 con l'orario e il biglietto del Museo
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Corea) presentano For All That Breathes On Earth: Jung Youngsun and Collaborators
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La Galleria d’Arte Internazionale di Ca’ Pesaro a Venezia ospita Scultura Lingua Morta: fino al 4 marzo 2025
le sculture di Giorgio Andreotta Calò dialogheranno con l’opera di Arturo Martini
Il progetto espositivo ruota attorno alle parole scritte dallo stesso Martini nel 1945
riflessioni racchiuse nella pubblicazione da cui prende nome la mostra
In Scultura Lingua Morta Martini scrive “Oggi gli scultori non fanno che tentare variazioni ai temi quali
In questo modo l’artista considera intrinseche della scultura da un lato la necessità di rinnovarsi
dall’altro la condanna d’essere in costante divenire
Prosegue poi esaminando l’evoluzione dei linguaggi di altre arti verso il volgare
assente in scultura: “La scultura resta quello che è: lingua morta che non ha volgare […]”
È a partire da queste posizioni che Giorgio Andreotta Calò espone a Ca’ Pesaro – spazio dove nel 1908 aveva esposto anche Arturo Martini – mostrando la vita della scultura oggi
Le opere più significative dell’artista veneziano indagano il rapporto con la laguna e instaurano un dialogo con le riflessioni e con la Testa di Medusa (1929) di Martini – esposta di fronte a un’inedita Medusa (2020-2022) di Andreotta Calò –
protagonista dell’esposizione non può che essere anche la città di Venezia
nello specifico la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro: spazio che ha accolto più volte Arturo Martini – tuttora componente fondamentale della collezione permanente della galleria – e che oggi rinnova le promesse della scultura nella figura di Giorgio Andreotta Calò.
Scultura Lingua Morta si apre con la conversazione tra Testa di Medusa e Medusa
una di fronte all’altra al centro della stanza; sporge dalla parete Icarus (Ramo) (2023)
Segue la serie Pinna Nobilis – dal nome dell’omonimo mollusco la cui sopravvivenza è ormai a rischio – esposta come un bozzolo che si schiude
serie nota dell’artista nella quale utilizza campioni di materiali estratti dalla laguna veneziana
Qui l’opera espone l’esito delle ricerche eseguite dai professionisti del Comune di Venezia sulla facciata di Ca’ Pesaro
legando ulteriormente la sua arte al luogo e allo spazio
Accanto alle sculture di Giorgio Andreotta Calò sulle pareti del palazzo le tracce lasciate dal collettivo Ipercubo: campagne fotografiche sulle collezioni della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro
Le immagini dialogano con la produzione plastica riflettendo su questioni come l’allestimento delle opere e l’architettura del palazzo
lo spazio come protagonista dell’esposizione
La produzione artistica di Giorgio Andreotta Calò è strettamente legata alla città di Venezia e
a considerazioni estremamente attuali dal punto di vista ecologico – per la laguna ma non solo
rispondono alle posizioni di Arturo Martini e le rielaborano
Le opere di Andreotta Calò sono in divenire
intrinsecamente e materialmente radicate nella città di Venezia
ma anche espressioni di valori che a oggi non possono non essere condivisi
è da constatare come la scultura non sia lingua morta ma sia più viva che mai nelle riflessioni proposte nell’esposizione
Ca’ Pesaro ospita oggi Giorgio Andreotta Calò come ha ospitato quasi cento anni prima Arturo Martini
Questa conversazione sospesa nel tempo consente di attualizzare Martini e considerare Venezia come ponte tra passato e presente
Ecco perché le tracce d’archivio sulle pareti e le indagini site-specific utilizzate per la realizzazione di Carotaggi. Scultura Lingua Morta riesce nel conciliare passato e presente in temi
Venezia si presenta come lo scenario perfetto per questa riflessione
che risulta ancor più appropriata nello spazio della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro
Qui la scultura è attuale (nelle considerazioni di carattere ecologico)
è presente (in quello e soltanto in quello spazio) ed è viva
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one of the greatest Italian sculptors of the twentieth century
began writing his famous text La scultura lingua morta
published the following year in a limited edition in Venice
Martini declared with painful conviction that sculpture had lost the capacity to be alive and universal
which called into question the very role of art in society
It is from these reflections that the exhibition currently hosted by the International Gallery of Modern Art at Ca’ Pesaro in Venice comes to life
The exhibition features a dialogue between Martini and Giorgio Andreotta Calò
a Venetian artist among the most influential voices in contemporary Italian art.Giorgio Andreotta Calò tackles the challenge set by Martini through a body of works intended to explore the potential of sculpture as a living and vibrant language
The exhibition brings together some of his most significant works
created over a period of more than two decades
Prominent among them are the famous Hourglasses
A central moment of the exhibition is the intimate confrontation between a Medusa by Calò
created thanks to PAC2021 - Plan for Contemporary Art
from the deposits of the National Gallery of Modern Art at Ca’ Pesaro
This symbolic dialogue highlights how the sculptural language
The link between Calò’s plastic production and the city of Venice is another central theme of the exhibition
The second room of the exhibition presents materials that testify to this relationship
which are the result of technical investigations conducted on the façade of Ca’ Pesaro by professionals from the Venice City Council’s Public Works Department
These materials are integrated with Calò’s work
with the aim of creating a dialogue between the Longhena architecture of Ca’ Pesaro and contemporary sculptures
The exhibition is also enriched with archival documents that tell the story of the palace
from the photographic campaigns on the collections to the restoration and exhibition projects
architecture and restoration into a unified narrative
where past and present meet to redefine the language of art
which for Martini risked being a “dead language,” is instead revealed as a tool capable of bearing witness to the vitality and complexity of a city that continues to inspire artists and thinkers
1979) lives and works between Italy and the Netherlands
He studied sculpture at theAcademy of Fine Arts in Venice and at the Kunsthochschule in Berlin
Between 2001 and 2007 he was assistant to Ilya and Emilia Kabakov
In 2008 he began a collaboration with Galleria ZERO...(Milan)
In 2008 he moved to the Netherlands and was artist-in-residence at the Rijksakademie van Beeldende Kunsten in Amsterdam (2009-2011)
In 2012 he wins the Premio Italia for contemporary art promoted by MAXXI in Rome
Between 2012 and 2013 he is artist-in-residence at the Centre National d’Art Contemporain at Villa Arson in Nice
In 2014 he wins the New York Prize promoted by the Italian Ministry of Foreign Affairs
In 2015 he began collaborating with Sprovieri Gallery (London)
In 2017 he is one of three artists invited to represent Italy in the pavilion curated by Cecilia Alemani at the 57
Biennale and with the project Anastasis he wins the Italian Council call (2017)
In 2019 a solo exhibition is dedicated to him at Pirelli HangarBicocca in Milan
Between 2017 and 2024 he creates a permanent environmental work for the collection of Castello di Ama
In 2024 he begins a collaboration with Annet Gelink Gallery (Amsterdam)
His work can be found in the main collections of Italian contemporary art museums and in prestigious private collections in Italy and abroad
Since 2016 he has established his studio in Venice
and since 2021 he has been teaching at the Academy of Fine Arts in the department of Sculpture
For all information, you can visit Ca’ Pesaro’s official website
La piccola ma preziosa esposizione – dal titolo GIORGIO ANDREOTTA CALÒ
a cura di Elisabetta Barisoni e visitabile dal 15 novembre 2024 al 4 marzo 2025 – rappresenta un viaggio nella lingua morta attraverso capolavori realizzati da Calò nell’arco di oltre vent’anni
Carotaggi e una straordinaria serie di Meduse tra le quali l’esemplare entrato nella collezione civica di Ca’ Pesaro grazie al PAC2021 – Piano per l’Arte Contemporanea
promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura
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presenta al Teatrino un ciclo di eventi nell’ambito del public program di Nebula
la mostra a cura di Alessandro Rabottini e Leonardo Bigazzi in corso al Complesso dell’Ospedaletto
Nebula raccoglie otto installazioni video site-specific di Basel Abbas e Ruanne Abou-Rahme
il programma interdisciplinare a cura di Bianca Stoppani coinvolge gli artisti della mostra in conversazioni
proiezioni e contributi performativi per riflettere sullo stato delle immagini in movimento e delle pratiche espositive oggi
Tra i partecipanti agli incontri: 2050+/Ippolito Pestellini Laparelli
Scaricare il programma completo
In collaborazione con Palazzo Grassi – Pinault Collection
Palazzo Grassi e Punta della Dogana sono aperti dalle ore 10 alle ore 19
Informazioni pratiche
.css-djvho4{margin-bottom:36px;font-family:"PTSans",sans-serif;font-weight:400;font-size:14px;line-height:21px;width:100%;padding-left:15px;padding-right:15px;}Luca Orioli e Marirosa AndreottaLuca Orioli e Marirosa Andreotta furono trovati morti a Policoro il 23 marzo 1988 nella villetta di lei
Torna di nuovo alla ribalta delle cronache la tragica vicenda della morte di Luca Orioli e Marirosa Andreotta
tristemente noti come “I fidanzatini di Policoro”
La mamma del giovane universitario ritrovato cadavere la sera del 23 marzo 1988 in una villetta di Policoro
ha chiesto la riapertura del caso giudiziario
mamma dello studente deceduto in circostanze ancora tutte da chiarire
ha chiesto alla Procura di Matera nuove indagini sul decesso dei due giovani
folgorazione o inalazione di monossido di carbonio
Le cause del duplice fatto di sangue sono state attribuite ad un incidente riconducibile ad una improbabile fuga di gas smentita poi da diverse autorevoli perizie
Le prime indagini sono state chiuse assai frettolosamente dunque che cosa è accaduto davvero in quella villetta isolata di via Puglia
di fotomontaggi in atti giudiziari e depistaggi da parte di periti e testi e non solo
Luca e Marirosa dovevano morire perché erano a conoscenza di segreti inconfessabili che avrebbero potuto destabilizzare i poteri forti della zona
“Non mi sono mai arresa – afferma Olimpia Fuina – e in questi lunghi anni ho continuato a chiedere che si facesse un’indagine approfondita e libera
Luca è stato ucciso e non si è trattato di morte accidentale
Ci sono stati magistrati coraggiosi che lo hanno messo nero su bianco
Oggi è ancora possibile accertare la verità
Confido che non resistano più quelle impunità che in passato possono avere contribuito a rendere difficili le indagini
Lo dobbiamo a quei due ragazzi giovanissimi
che fino all’ultimo respiro ha lottato per nostro figlio
Abbiamo indicato prove inedite e chiesto di escutere testimoni mai sentiti
Mi affido al coraggio di chi ha in mano ora le indagini
ma anche negli uomini e le donne che portano la toga e che scongiuro di aiutarmi a rintracciare i colpevoli di quell’orrendo duplice delitto”
La mamma di Luca Orioli combatte da anni una battaglia faticosa e snervante alla ricerca della verità
Una verità ancora oggi scomoda per diversi personaggi assai noti e “potenti”
ha fatto di tutto affinché le famiglie delle due giovani vittime venissero private di quella giustizia a cui hanno diritto:
” Una vicenda incredibile – ha aggiunto l’avvocato Fiumefreddo – in cui depistaggi e falsità l’hanno fatta da padroni
Basti pensare al grande lavoro investigativo fatto da due ufficiali dei carabinieri e da un noto magistrato
per rendersi conto di quella che era ed è la terribile verità che si nasconde dietro la morte dei due ragazzi
Riteniamo di aver dato gli spunti necessari affinché l’inchiesta possa essere riaperta e stavolta
attesi diversi fatti inediti e alcuni aspetti importanti mai approfonditi e che invece diventano basilari per scoprire quella tragica realtà negata per anni e anni…”
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Alla Galleria di Ca’ Pesaro un nuovo intervento di valorizzazione delle collezioni del museo
dedicato alle indagini nel contemporaneo: con l’inedito dialogo tra Giorgio Andreotta Calò
La mostra propone un viaggio nelle opere più significative dell’artista
entrato nella collezione civica di Ca’ Pesaro grazie al PAC2021 Piano per l’Arte Contemporanea promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura sarà esposto nello scalone del Museo ad accogliere i visitatori del primo piano mentre un altro instaura nelle sale un dialogo inedito con la Testa di Medusa di Martini
proveniente dalle collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro
Insieme a queste opere sono esposti i materiali che per primi hanno attivato il dialogo dell’artista con il Palazzo sul Canal Grande: la seconda sala della mostra vive nei disegni e nei carotaggi
esito delle indagini eseguite dai professionisti dei Lavori Pubblici del Comune di Venezia sulla facciata di Ca’ Pesaro
rappresentato dalla sensibilità di Calò cui si affiancano le collezioni di scultura di Ca’ Pesaro e la monumentale architettura del Palazzo
si arricchisce delle suggestioni ispirate dai preziosi documenti provenienti dall’Archivio Storico della Galleria
di cambiamenti e riflessioni sull’allestimento delle opere
l’architettura e il restauro manutentivo
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artista veneziano annoverato tra le voci più autorevoli dell’arte italiana a livello internazionale
partendo dalle riflessioni di Arturo Martini sull’incapacità della scultura di essere viva e universale
tradotte in una selezione di opere realizzate da Calò nell’arco di oltre vent’anni
esito delle indagini eseguite dai professionisti dei Lavori Pubblici del Comune di Venezia sulla facciata di Ca’ Pesaro - e la serie di Meduse
tra cui l’esemplare entrato nella collezione civica di Ca’ Pesaro grazie al PAC2021 – Piano per l’Arte Contemporanea
Di questo soggetto tanto caro all’artista veneziano
un esemplare inedito è presentato in un intimo colloquio con Testa di Medusa di Martini
opera proveniente dai depositi della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Ca’ Pesaro
l’artista Giorgio Andreotta Calò prova a mettere in discussione questa celebre…
Contenuti del grafico Nella parte alta del grafico è analizzato l'andamento delle temperature a 1500 m
fondamentale per l'evoluzione a lungo termine
Una nuova attività è nata su territorio cosentino
Ha inaugurato lunedì 13 maggio il salone “Marco Ambrogio Parrucchieri” in Via Fausto Gullo 48B Andreotta
Marco è un ragazzo di 26 anni e tanti sogni nel cassetto
ha condiviso la gioia dell’inaugurazione con le persone a lui vicino
il vice sindaco Francesco Serra ed il caro Don Franco
Cosenza 2.0 è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale
L’Agenzia delle Entrate assume anche in Calabria. Stipendi di oltre 30mila euro l’anno
A Cosenza in scena la “Tosca” di Giacomo Puccini, in occasione del centenario della morte del compositore
Fino al 21 luglio al Pirelli Hangar Bicocca
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la mostra In girum imus nocte di Giorgio Andreotta Calò (Venezia
che ha condotto un lavoro in Sardegna tra il 2013 e il 2018 concentrandosi sulla memoria collettiva
sul paesaggio e sulle conseguenze sociali ed ecologiche dei processi estrattivi
Questa ricerca ha dato vita a un corpus di opere fondamentali nel percorso dell’artista
parte delle quali oggi trovano una collocazione ideale presso il museo MAN grazie al Piano per l’Arte Contemporanea del Ministero della Cultura
integrando la precedente acquisizione dell’opera Produttivo.Nel 2019
Giorgio Andreotta Calò dona al MAN una parte dell’installazione ambientale “Produttivo”
composta da carotaggi estratti durante le campagne minerarie della Carbosulcis.spa
società attiva nello sfruttamento del bacino carbonifero del Sulcis fino al 2018
Attraverso un processo simile alle indagini geognostiche
l’artista analizza la stratificazione e l’identità del luogo
mettendo in luce gli aspetti socio-culturali
Le opere del progetto In girum imus nocte condividono una radice semantica analoga
testimoniando un processo di ricerca e interazione con il territorio sardo e la sua storia
tratto dal palindromo latino “in girum imus nocte et consumimur igni” (“andiamo in giro di notte e siamo consumati dal fuoco”)
vuole evocare la carica simbolica dell’installazione filmica omonima
Insieme alle sculture Pinna Nobilis e Dogod
quest’opera cerca di dar vita a un insieme coerente in cui ogni elemento esalti i significati reciproci
Il fulcro dell’installazione è rappresentato dal film che documenta la marcia compiuta dall’artista insieme a un gruppo di minatori e pescatori del Sulcis nella notte del 4 dicembre 2014
protettrice della comunità dei minatori
Questo cammino assume una dimensione rituale e escatologica
riconoscendo il ruolo sociale dei lavoratori e sottolineando il valore della loro presenza
dalla miniera fino all’isola di Sant’Antioco
è enfatizzata dal bastone che accompagna il tragitto
diventato poi parte integrante dell’opera esposta in mostra
contribuisce al senso complessivo del racconto
evocando la componente alchemica di trasformazione della materia presente in tutte le opere esposte
a metà tra cane (Dog) e divinità (God)
provenienti dallo stagno di Cirdu a Sant’Antioco
sono stati assemblati e poi fusi in bronzo bianco tramite la tecnica della cera persa
Anche la scultura Pinna Nobilis rimanda al Sulcis: è stata prodotta dal calco di un esemplare dell’omonima specie di bivalve endemica del Mediterraneo
anch’esso recuperato a Punta Trettu durante la lavorazione del film
tra i più emblematici e rappresentativi della ricerca di Giorgio Andreotta Calò
accompagnano il visitatore in una profonda esplorazione: negli abissi della terra
ma anche nell’essenza del metodo artistico dell’artista
paesaggio e storia si fondono con le opere
Il progetto è sostenuto dal PAC 2022-2023 - Piano per l’Arte Contemporanea
promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura
Giorgio Andreotta Calò attualmente vive e lavora nella sua città natale
Ha conseguito una laurea in scultura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e ha proseguito i suoi studi presso la Kunsthochschule di Berlino
Tra il 2008 e il 2010 è stato artista in residenza alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten di Amsterdam
Il suo lavoro è stato presentato alla 54ª Biennale di Venezia
Nel 2012 ha ricevuto il Premio Italia per l’arte contemporanea
Nel 2014 è stato insignito del Premio New York
sponsorizzato dal Ministero degli Affari Esteri Italiano
Nel 2017 è stato selezionato come uno dei tre artisti a rappresentare l’Italia nel Padiglione curato da Cecilia Alemani alla 57ª Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia
per la realizzazione di un’installazione monumentale presso l’Oude Kerk di Amsterdam
Nel 2019 gli è stata dedicata una mostra personale presso il Pirelli Hangar Bicocca
Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero
Atmosfere sottomarine e indagini materiche sono alla base della mostra di Giorgio Andreotta Calò nella istituzione milanese
Installation view at Pirelli HangarBicocca
Commissioned and produced by Pirelli HangarBicocca
Courtesy of the artist and Pirelli HangarBicocca
Courtesy of the artist & Pirelli HangarBicocca
Pirelli HangarBicocca presenta CITTÀDIMILANO
la mostra personale di Giorgio Andreotta Calò: un arcipelago di opere del passato e di nuova produzione
Dopo aver conseguito la Laurea triennale presso il DAMS di Bologna e la Laurea Magistrale presso l'Accademia di Belle Arti di Brera con una tesi incentrata sugli artisti che lavorano in coppia
Un video e una grande installazione ambientale compongono la mostra LITOSFERA
dal 24 ottobre 2020 al 18 aprile 2021 al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato: sono A Fragmented World (2016) di Elena Mazzi e Sara Tirelli
e Produttivo (2018-2019) di Giorgio Andreotta Calò
La mostra – curata da Cristiana Perrella
Direttrice del Centro Pecci – si inserisce in una linea di ricerca che tende a rileggere e interrogare le opere della collezione permanente grazie al dialogo e al confronto con quelle provenienti da altre raccolte.
A Fragmented World e Produttivo nascono entrambe dalla suggestione di un viaggio al centro della Terra
dal desiderio di rappresentare forze e materie che nel corso di ere geologiche hanno dato forma al nostro pianeta.
riordinato e catalogato circa 2000 metri lineari di carotaggi dell’area del Sulcis Iglesiente (sud-ovest della Sardegna)
parte dell’archivio di sondaggi della Carbosulcis
L’orizzonte stratigrafico corrispondente al livello produttivo
compreso tra i -350 e -450 metri sotto il livello del mare
è stato quindi ricomposto a pavimento: i vari strati di roccia visibili in questi carotaggi portano alla luce millenni di storia naturale, la raccontano nella successione di materiali quali siltiti
Fragilissimi eppure forti nella loro presenza evocativa
i lunghi cilindri di Produttivo vanno a comporre un paesaggio che segue la successione stratigrafica
presentata nel 2019 alla Fondazione Pirelli HangarBicocca di Milano
come parte della mostra personale CittàdiMilano
è entrata nella collezione del Centro Pecci nel 2019 grazie a una donazione dell’artista
che l’ha voluta dividere tra i musei membri di AMACI - Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani.
per la prima volta ne viene ricomposta una parte rilevante che comprende anche le sezioni in collezione al MAXXI
e dall’archivio dell’artista.
e degli eventi catastrofici –eruzioni
terremoti- che ne costituiscono un elemento di rottura e accelerazione
Ispirata alla Teoria delle fratture del fisico Bruno Giorgini – che analizza le variabili che conducono a una crisi
intesa sia come fenomeno geo-fisico che socio-politico– l’opera rimanda a una condizione di caos
in parte preesistenti e realizzate a scopo scientifico e in parte girate ex-novo dalle autrici
con suoni e campionature in presa diretta del musicista Giuseppe Cordaro
Una mostra che indaga i rapporti fra arte contemporanea e ambiente urbano attraverso opere provenienti dalle collezioni museali e rari materiali d'archivio
In collaborazione e in collegamento con Centro di informazione e documentazione CID/Arti visive e Urban Center
In concomitanza con l'apertura dell'URBAN CENTER all'interno del museo
dal 20 novembre 2021 il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato presenta L'ARTE E LA CITTÀ / ART AND THE CITY
una mostra a cura di Stefano Pezzato che mette in dialogo un’ampia selezione di opere dalle collezioni museali con rari materiali d'archivio
materiali d'archivio di una quarantina fra artisti e gruppi
raccolti nelle collezioni e documentati in vari archivi del Centro Pecci investigano tematiche attuali quali le trasformazioni
le trasfigurazioni e utopie della città
le ascese e cadute che si sviluppano al suo interno
Lavori che parlano di incontri e confronti
scenari e soggetti propri dell'ambito urbano
ma che svelano anche inserimenti artistici pensati e realizzati per Prato
che ha nel Centro Pecci un punto di riferimento culturale e identitario
assumendo ormai da mezzo secolo il ruolo di città dedita allo sviluppo e alla raccolta delle arti contemporanee
A cura di Cristiana Perrella e Sergio Risaliti
Con due nuove sculture in Piazza della Signoria e a Palazzo Vecchio
dal 2 ottobre 2021 Francesco Vezzoli sarà protagonista di Francesco Vezzoli in Florence
a cura di Cristiana Perrella e Sergio Risaliti
Il progetto – presentato dal Museo Novecento di Firenze e dal Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato
realizzato con il patrocinio del Comune di Firenze e l’organizzazione di Mus.e – metterà in dialogo arte contemporanea e patrimonio storico artistico della città
Urs Fisher e Jeff Koons e la presentazione di un’opera di Giuseppe Penone
con Francesco Vezzoli Piazza della Signoria tornerà a essere il fulcro del contemporaneo nella culla per antonomasia del Rinascimento
Francesco Vezzoli sarà peraltro il primo artista italiano vivente a realizzare un’opera site-specific per Piazza della Signoria
appositamente concepita per l’occasione
Dopo la sua mostra in città nel 2014
Francesco Vezzoli torna a Firenze affrontandone i luoghi più simbolici: Piazza della Signoria e Palazzo Vecchio
nel solco di un progetto che ha visto protagonisti negli scorsi anni celebri artisti internazionali
In Piazza della Signoria un monumentale leone rampante novecentesco
stritola tra le fauci una testa romana del II secolo d.C.
in un pastiche tra diverse epoche artistiche che è diventato la cifra di molte opere recenti dell’artista
il progetto comprende una seconda scultura
posizionata all’interno dello Studiolo di Francesco I de' Medici a Palazzo Vecchio
uno scrigno prezioso carico di misteriose suggestioni iconografiche
esoteriche e astrologiche realizzato tra il 1569 e il 1573
che per la prima volta in assoluto ospita un’opera di arte contemporanea
Su una figura di togato romana è innestata una testa “metafisica” di bronzo
una delle opere che meglio rappresenta il recupero della classicità in epoca moderna
ricomponendo i frammenti di una civiltà perduta
ricordandoci che l’arte è sempre
sono una pratica dalle radici molto antiche
come ci insegna il Ganimede di Benevenuto Cellini realizzato ricomponendo parti di una scultura antica
rispetto ai restauri rinascimentali Vezzoli si inserisce nel percorso concettuale di De Chirico e Savinio
inventori di metamorfosi e di collage misteriosi
e invece di ricercare l’armonia formale
collage linguistici che rigenerano le forme della tradizione ma che hanno una vita propria
Un mondo surreale fatto di archeologia e fantasia
trovando nell’ibridazione con altri temi
lo spunto per la riflessione artistica – e non ideologica – su argomenti come identità
Perché la libertà si fonda anche sul lasciare alle immagini il loro potere misterioso
A cura di Milovan Farronato e Francesco Urbano Ragazzi in collaborazione con Cristiana Perrella
Un progetto prodotto da Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci e Centre d’Art Contemporain Genève
A tre anni dalla sua prematura scomparsa il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato dedica a Chiara Fumai la retrospettiva Poems I Will Never Release
a cura di Milovan Farronato e Francesco Urbano Ragazzi in collaborazione con Cristiana Perrella.
La mostra è parte di un ampio progetto che mette insieme diverse istituzioni europee con lo scopo di rivisitare il lavoro dell’artista
preservarne il lascito e trasmetterlo a un vasto pubblico
Presentata alla fine del 2020 al Centre d’Art Contemporain Genève
la mostra – dopo il Centro Pecci- viaggerà per i prossimi due anni a La Loge di Brussels e alla Casa Encendida di Madrid
approfondendo l’indagine su una personalità creativa che ha sviluppato in modo marcato i linguaggi della performance e dell'estetica femminista del XXI secolo
Poems I Will Never Release raccoglie un corpus molto completo di opere
che traduce in forma materiale le sfuggenti performance che Chiara Fumai ha programmaticamente escluso da un processo di documentazione
Rifiutando una sorta di pregiudizio latente legato al suo essere un’artista donna
Chiara Fumai ha adottato un vocabolario di minaccia
violenza e noia atto ad innescare situazioni scomode e dare forma a collage
ambienti e azioni per promuovere i suoi ideali di femminismo anarchico.
quilting: sono strumenti che hanno dato voce nel mondo a istanze di protesta spontanee
Quando il tessuto si fa manifesto a cura di Camilla Mozzato e Marta Papini indaga come la più recente generazione di artisti prenda in considerazione l’uso del tessuto e le sue diverse declinazioni formali come pratica artistica trasgressiva e ne esplora il ruolo
non solo nei dibattiti critici su autorialità
ma anche come medium per eccellenza nella rappresentazione del dissenso.
Il percorso di mostra alterna installazioni
ricami e si apre con l’ambiente site-specific realizzato dal collettivo greco Serapis Maritime Corporation (Atene
Si prosegue con le sculture tessili realizzate da Pia Camil (Città del Messico
1980) con t-shirt e jeans di seconda mano: indumenti prodotti in America Latina per gli Stati Uniti
che tornano ai luoghi d’origine una volta smessi
seguendo le rotte inique delle migrazioni e del commercio globale
1974) attraverso i suoi arazzi esplora i cambiamenti sociali e topografici
evidenziando l’impatto storico e la memoria collettiva della relazione tra Uomo e Natura
L’opera in mostra di Vladislav Shapovalov (Rostov on Don
1981) nasce da una ricerca dell’artista al Centro di Documentazione della Camera del Lavoro di Biella
All’interno di una collezione di bandiere usate durante le manifestazioni dei lavoratori
due si rivelano particolarmente interessanti
poichè composte da tanti piccoli frammenti di tessuto ricamati con nomi femminili e cuciti insieme: i nomi delle lavoratrici
1981) prende ispirazione dal contesto in cui si trova
e ha per protagoniste donne che rifiutano di adattarsi alle trasformazioni sociali e culturali contemporanee
In mostra troviamo alcuni dei suoi ricami su garza
insieme ad alcune bandiere realizzate nel corso di laboratori
l’artista produrrà una nuova bandiera insieme ad un gruppo di donne vicine al Centro Antiviolenza La Nara
1977) esplora le numerose sfaccettature sul tema della protesta in diversi contesti geografici
e le modalità di aggregazione comunitaria; in mostra una serie di coloratissimi stendardi ricamati a mano e 50 disegni della serie It’s Time to Go Back to Street
Artista tra le più celebri delle ultime generazioni
1990) costruisce rappresentazioni volutamente esagerate legate all’immaginario dei corpi femminili neri con una combinazione di materiali coloratissimi cuciti
stampati e dipinti che rimandano a tradizioni artistiche artigianali
Conclude il percorso espositivo una sala dedicata a workshop
residenze ed eventi che alimenteranno l’indagine sull’uso del tessile nelle manifestazioni di dissenso
Il primo intervento ospitato è quello del duo parigino About A Worker (Kim Hou e Paul Boulenger): a seguito di una residenza realizzata in collaborazione con Lottozero textile laboratories
presenterà al Centro Pecci una collezione speciale realizzata in museo durante un laboratorio partecipativo
con il supporto di Manteco e la collaborazione di Istituto Marangoni Firenze
realizzato in collaborazione con Dynamo Camp: attraversando tende ghiacciate o tropicali separè
visitando plastici di raso o lane montuose i partecipanti si immergeranno nella costruzione di un mondo morbido
Quando il tessuto si fa manifesto è accompagnata da una pubblicazione di Nero Editions in due volumi: il catalogo della mostra con il testo critico delle curatrici Camilla Mozzato e Marta Papini
un vero e proprio libro d’artista firmato da Marinella Senatore
Mostra sponsorizzata da Centro Porsche Firenze.
In copertina: Güneş Terkol bandiera preparatoria per il workshop del Centro Pecci
A Fragmented World e Produttivo nascono entrambe dalla suggestione di un viaggio al centro della Terra
è stato quindi ricomposto a pavimento: i vari strati di roccia visibili in questi carotaggi portano alla luce millenni di storia naturale, la raccontano nella successione di materiali quali siltiti
lumachelle. Fragilissimi eppure forti nella loro presenza evocativa, i lunghi cilindri di Produttivo vanno a comporre un paesaggio che segue la successione stratigrafica
intesa sia come fenomeno geo-fisico che socio-politico– l’opera rimanda a una condizione di caos
il titolo della mostra apparentemente controintutivo rispetto al proliferare di immagini che animano gli spazi del museo
richiama la specifica sensazione di Benassi rispetto ad un’indagine a posteriori sulla sua produzione
Uno “svuotarsi” che è inteso come percorso di autoesposizione pubblica: nella mostra il fotografo si concede interamente allo spettatore
il panorama creativo che l’accompagna nella gestazione del lavoro
l’insieme degli scatti che danno vita ad un’indagine decennale sui temi dell’identità
Un atto di apertura verso l’esterno che costituisce un punto zero nella carriera dell’artista
il lavoro dell’acclamato fotografo e poeta cinese Ren Hang (1987– 2017) è esposto per la prima volta in Italia con una selezione di 90 fotografie
accompagnate da un portfolio che documenta il backstage di uno shooting di Ren Hang nel Wienerwald nel 2015 e un’ampia sezione di libri rari sul suo lavoro
Ren Hang è noto soprattutto per la sua ricerca su corpo
che ha per protagonista una gioventù cinese nuova
i suoi soggetti appaiono su un tetto tra i grattacieli di Pechino
in una vasca da bagno tra pesci rossi che nuotano oppure in una stanza spoglia
fiori e piante sono utilizzati come oggetti di scena assurdi ma dal grande potere evocativo
Sebbene spesso provocatoriamente esplicite nell'esposizione di organi sessuali e nelle pose
che a volte rimandano al sadomasochismo e al feticismo
le immagini di Ren Hang risultano di difficile definizione
permeate da un senso di mistero e da un’eleganza formale tali da apparire poetiche e
I corpi dei modelli – tutti simili tra loro
rossetto rosso e unghie smaltate per le donne – sono trasformati in forme scultoree dove il genere non è importante
queste immagini sembrano voler rompere i tabù che circondano il corpo nudo
sfidando la morale tradizionale che ancora governa la società cinese
il concetto di nudo non è separabile da quello di pornografia e il nudo
non trova spazio nella storia dell’arte
Le fotografie di Ren Hang sono state per questo spesso censurate
“Siamo nati nudi…io fotografo solo le cose nella loro condizione più naturale” (Ren Hang)
Adolfo Natalini racconta la genesi degli Istogrammi d’architettura
a cura di Marco Scotini e Stefano Pezzato, progetto di allestimento di Can Altay
I performer di Kinkaleri raccontano la loro prima volta al Centro Pecci
è stata curatrice al Centro Pecci sotto la direzione di Ida Panicelli
tra 1994 e 1995 è stata reggente temporanea del Centro Pecci
In quegli anni ha lavorato a mostre come "Inside out" (1993) a cura di Ida Panicelli
"Robert Mapplethorpe" (1993-1994) a cura di Germano Celant e ha prodotto la prima mostra italiana di Jan Fabre "Jan Fabre: questa pazzia è fantastica" (1994) e personali significative di Angelo Savelli (1995) e di Marco Bagnoli (1995-1996)
oltre a un'eccezionale selezione di fotografia contemporanea dalla collezione svizzera LAC (L'immagine riflessa
ll museo diventa luogo di formazione e sperimentazione di modelli innovativi per la partecipazione e l’inclusione attraverso la cultura
La mostra Sguardi cangianti rappresenta il momento conclusivo e la restituzione pubblica del laboratorio fotografico Caleidoscopio vincitore del bando Prendi Parte
Agire e pensare creativo ideato dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane (DGAAP) del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
per promuovere l’inclusione culturale dei giovani nelle aree caratterizzate da situazioni di marginalità economica e sociale
In mostra saranno presenti diversi nuclei artistici di otto tra i giovani partecipanti
caratterizzati dalla più diversa modalità espressiva
che spazia dal reportage alla fotografia d’autore
dalla street photography alla ritrattistica
I giovani fotografi restituiranno uno sguardo differente e plurale sulla città di Prato
favorendo un ribaltamento del punto di vista sulla città e degli stereotipi con i quali abitualmente viene descritta
Insieme alle immagini degli autori saranno presenti testimonianze video e cartacee del percorso umano e professionale portato avanti nel corso di un anno.
L' artista Marcello Maloberti ci descrive il suo Centro Pecci se..
Se fosse direttore del Centro Pecci per un giorno
in occasione della Quattordicesima Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI, ha presentato al Centro Pecci RAID
una nuova performance appositamente concepita per gli spazi del museo e a cura di Cristiana Perrella
La performance è stata realizzata sabato 13 ottobre 2018
alla presenza dell’artista: si tratta dell'unica opera di Maloberti creata appositamente per la 14° Giornata del Contemporaneo
l'artista aveva già esposto presso il Pecci nel 2000
Night Fever. Designing Club Culture 1960 – Today è una mostra prodotta dal Vitra Design Museum e ADAM – Brussels Design Museum
definendo il loro ruolo cruciale per la cultura contemporanea
sono stati in grado di mettere in discussione i codici prestabiliti del divertimento e dello stare insieme e hanno permesso di sperimentare stili di vita alternativi
Al loro interno si incontrano le manifestazioni più d’avanguardia del design
approfondisce le sezioni aggiuntive della mostra presentata a Prato e realizzate appositamente per l'occasione
si è voluto esplorare le origini dell'interesse per il design dei "piper"
che l'architetto Leonardo Savioli tenne all'Università di Firenze tra il 1966 e il 1967 e che vide la partecipazione di esponenti del Gruppo UFO
di Alberto Breschi e Adolfo Natalini (allora assistente di Savioli)
Altro aspetto peculiare di Night Fever al Centro Pecci è l'approfondimento dedicato a Leigh Bowery
personaggio leggendario della scena notturna e della cultura underground londinese degli anni '80
Bowery fu animatore di uno dei club più trasgressivi in assoluto
che dal 1988 al 1985 si tenne ogni giovedì al Maximus di Leicester Square
Designing Club Culture 1960–Today sarà visitabile al Centro Pecci di Prato fino al 13 ottobre 2019
Il fotografo ivoriano Mohamed Keita è stato insegnante e tutor dei ragazzi che hanno partecipato al percorso fotografico Caleidoscopio. Sguardi cangianti .
Nel video il giovane artista racconta come e perché ha deciso di dedicarsi alla fotografia e
anche aprendo un laboratorio per ragazzi in Mali
Mohamed Keita caratterizza la sua pratica fotografica attraverso un’incessante esplorazione dell’ambiente urbano
condotta senza meta e con interesse per gli incontri imprevisti
Il suo sguardo è attento a ciò che è ai margini e che per questo spesso passa inosservato: persone e cose non integrate nel flusso veloce e produttivo della vita nella città
e nove appartenenti al suo primo ciclo di lavori
che ritrae coloro che – come è accaduto allo stesso fotografo – vivono precariamente intorno alla principale stazione ferroviaria della capitale
Sguardi cangianti è un progetto realizzato da Associazione Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci e Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana
Agire e pensare creativo ideato dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane (DGAAP) del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Designing Club Culture 1960 – Today è una mostra prodotta dal Vitra Design Museum e ADAM – Brussels Design Museum
Il progetto espositivo poliedrico e multidisciplinare
con un focus specifico su architettura e design
rappresenta ancora una volta l’attenzione del Centro per i molti linguaggi della contemporaneità
e la più recente volontà di indagare i luoghi non convenzionali del sapere per raccogliere e approfondire le testimonianze della contro-cultura
Nel video presentano la mostra Cristiana Perrella
L' artista Francesco Vezzoli ci descrive il Centro Pecci se..
Se l'artista potesse donare qualcosa di suo al Pecci
Il progetto Wiltshire Before Christ nasce dalla collaborazione tra l’artista Jeremy Deller
il marchio di streetwear Aries e il fotografo di moda David Sims
che hanno lavorato alla realizzazione di una mostra
di una capsule collection di abiti e di un libro partendo dalle molte suggestioni offerte dal sito preistorico più celebre e misterioso del mondo: Stonehenge
In Wiltshire Before Christ Deller indaga l’attrazione che esercita da millenni sull’uomo il misticismo e la simbologia pagana
e la profondità dei concetti di identità
senza però rinunciare ad accostarli alla pop culture. Video, installazioni, oggetti e capi d’abbigliamento ispirati all’archeologia
che vengono presentati in mostra come reperti di un tempo remoto
creando un corto circuito tra epoche e linguaggi.
in dialogo con la direttrice del Centro Pecci Cristiana Perrella
di come è nata l'idea di questo progetto e delle ispirazioni che ne hanno determinato la creazione.
Tomorrow Is the Question è la prima personale in un museo italiano di Rirkrit Tiravanija, uno degli artisti più influenti della sua generazione
noto internazionalmente per opere che portano la vita reale dentro gli spazi dell’arte
completandosi con l’intervento attivo del pubblico e infrangendo ogni barriera tra oggetto e spettatore
La mostra al Centro Pecci riunisce tre progetti dell’artista intorno all’idea di futuro e alla necessità di interrogarsi sul destino del nostro pianeta e dell’umanità.
Per la mostra Rirkrit Tiravanija riempie la Sala Bianca del museo con otto tavoli da ping pong su cui campeggia la scritta “domani è la questione”: un invito per il pubblico a diventare parte attiva della mostra e a mettere le relazioni umane
lo scambio e la partecipazione al centro della “questione sul futuro”. Il secondo progetto è una fotografia di un gruppo di persone disposto a formare un grande punto interrogativo nella Piazza delle Carceri di Prato. Completa l’intervento di Tiravanija a Prato Fear Eats the Soul, la grande bandiera che sventola davanti all’entrata del museo
L'opera può essere considerata un’enunciazione programmatica valida per tutto il lavoro dell'artista: un atto di fede sulle relazioni umane, l’accoglienza e la vicinanza all’altro come valori che danno senso alla nostra vita e al nostro futuro
presenta i tre progetti di Rirkrit al Centro Pecci fino al 28 agosto 2019.
Storie da trent’anni di Centro Pecci
direttrice del Centro Pecci e curatrice della mostra
ci guida alla scoperta di 30 anni del Centro Pecci e della mostra che ripercorre le vicende attraverso un percorso inedito di fatti
ricordi e opere scelte dalla sua collezione e dalla storia delle mostre
ideato dalla nuova direttrice Cristiana Perrella
in cui la realtà di quanto accaduto si alterna a una visione immaginativa del museo che reinterpreta e configura il passato alla luce della sensibilità del presente
Prima istituzione dedicata al contemporaneo ad esser stata costruita ex novo in Italia
dalla sua inaugurazione il Centro Pecci si è distinto come centro di produzione culturale impegnato nella ricerca artistica in senso ampio: dal 1988 ha presentato oltre duecentocinquanta tra mostre di arte
e un fitto programma di eventi legati alla letteratura
Il 25 giugno 2018 il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci ha compiuto trent’anni
Per l'occasione è stata inaugurata Il museo immaginato
mostra ideata da Cristiana Perrella per rileggere le vicende del Centro attraverso un percorso inedito di fatti
il Centro Pecci si presenta oggi in una nuova 'veste'
sempre più accogliente e aperta alla città
Il trentennale è stato infatti inteso come l’occasione per rileggere e riattivare spazi e funzioni del Centro Pecci dopo l’ampliamento inaugurato nel 2016
La mostra è stata accompagnata da un programma di attività: performance
eventi e mostre all'insegna dell'interdisciplinarità
Nel video è proprio Cristiana Perrella a presentare tutte le attività realizzate durante questo anno ricchissimo che hanno compreso anche interventi fuori dal Centro Pecci
Identità femminile attraverso gli scatti di cinque fotografe italiane
a cura di Cristiana Perrella e Elena Magini
interventi delle fotografe e materiali d'archivio
Soggetto nomade raccoglie per la prima volta in una mostra gli scatti di cinque fotografe italiane realizzati tra la metà degli anni Sessanta e gli anni Ottanta
restituendo da angolazioni diverse il modo in cui la soggettività femminile è vissuta
interpretata in un periodo di grande cambiamento sociale per l’Italia
Anni di transizione dalla radicalità politica all'edonismo
anni di piombo ma anche anni di grande partecipazione e conquiste civili, dovute principalmente proprio alle donne
In Italia il pieno accesso di fotoreporter
fotografe e artiste all'interno del sistema dell’arte e del foto-giornalismo ha avuto inizio a partire dagli anni Sessanta
in concomitanza con i cambiamenti socio-politici e con le molteplici istanze sollevate dal femminismo
Pur appartenenti a generazioni diverse ognuna delle fotografe in mostra si è confrontata con le trasformazioni sociali in atto nella società italiana
originando riflessioni personalissime sull'immagine della donna e più propriamente dell’identità femminile e sui suoi sconfinamenti
sul senso dell’alterità attraverso una sensibilità che ha fatto proprio il pensiero della differenza
Il medium fotografico diviene in questi anni strumento per eccellenza per rappresentare una nuova centralità attribuibile al corpo della donna e alle sue trasformazioni
alle esperienze personali e ai vissuti familiari
al rapporto tra memoria privata e storia collettiva
Le immagini in mostra condividono la rappresentazione di un vasto e non canonico universo femminile inteso in senso ampio
dove il corpo non è solo oggetto dello sguardo esterno
L’immagine del femminile è quindi al centro della mostra
facendosi ora veicolo di valori non borghesi
ora rappresentazione vivida di un’interiorità che riesce a scardinare gli stereotipi
In mostra una selezione di oltre cento scatti a documentare un periodo di circa vent'anni: una testimonianza dell’emergere di nuove e plurali urgenze espressive
che pur non assimilabili ad uno “specifico femminile”
offrono uno sguardo delle donne sulle donne e sulla loro identità
Il titolo della mostra si riferisce alla seminale raccolta di saggi di Rosi Braidotti Soggetto nomade
Femminismo e crisi della Modernità (Donzelli
Roma 1995) in cui la filosofa tratteggia una nuova soggettività sessuata e molteplice
come quella rappresentata negli scatti delle fotografe presentate in mostra
In occasione dell'anniversario del suo trentennale
il Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci presenta una nuova entrata nella sua collezione: la monumentale installazione Triumph di Aleksandra Mir
racconta la storia dell'installazione e della sua creazione
esposta nello stesso anno alla Schirn Kunsthalle di Francoforte e nel 2012 alla South London Gallery di Londra
è una spettacolare installazione di Aleksandra Mir composta da 2.529 trofei
collezionati dall'artista nell'arco di un anno in Sicilia
In concomitanza con il trentesimo anniversario della sua apertura (1988-2018), il Centro Pecci presenta la mostra Codice colore. Opere dalla collezione di Alessandro Grassi intesa a ricordare
attraverso la sua passione per l'arte e il colore
affermatosi a Milano con un'azienda di inchiostri tipografici
Considerato fra i più significativi collezionisti italiani
a partire dagli anni Ottanta Grassi è stato uno dei primi sostenitori della Transavanguardia e un convinto fautore della pittura postmoderna e della fotografia contemporanea di area europea e americana
è incentrata su una selezione di opere provenienti dalla collezione di Alessandro Grassi oggi in comodato al Centro Pecci
ma comprede anche prestiti dal MART di Rovereto e da privati per delineare un percorso significativo seppure sintetico all'interno di una collezione che si stima abbia raccolto fino a 700 opere di oltre 280 artisti
fra le quali un centinaio di carattere fotografico
L'allestimento museale propone alcuni fra i maggiori nuclei della raccolta
rispecchiando interessi e criteri del collezionista
evidenziandone la predilezione per la pittura e la fotografia basate su valori espressivi ed emozionali veicolati principalmente attraverso l'uso del colore
Montaggio e riprese: Mario Albanese Pereira
A sedici anni dal suo debutto (Premio UBU 2002 come miglior spettacolo di teatro danza) la performance è stata riadattata per i nuovi spazi del Centro Pecci in collaborazione col Teatro Metastasio e presentata in anteprima per l’inaugurazione della mostra "Il museo immaginato
Storie da trent'anni di Centro Pecci" (21 settembre 2018) e riattivata ogni settimana il venerdì e la domenica fino al 21 ottobre 2018
< OTTO > ha vinto il premio UBU prima del suo debutto nel 2002
ma l'anno in cui gli fu assegnato il premio
Kinkaleri era in giro con gli studi del lavoro
sperimentando di volta in volta nuovi materiali di scena che venivano assemblati come in un montaggio cinematografico
Kinkaleri ha ripreso e riportato in scena un lavoro nella necessità di capire cosa ci sia ancora di vero in uno spettacolo che navigava nel vuoto
facendo del crollo l'emblema di una nuova era
< OTTO > non ritorna come ogni repertorio che abbia un motivo per resistere al tempo
< OTTO > è stato riproposto per domandare ancora
Riprese: Maria Teresa Soldani e Mario Albanese Pereira
13.10.2018 per la 14° Giornata del Contemporaneo AMACI
In occasione della Quattordicesima Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI
il Centro Pecci è lieto di ospitare RAID
una nuova performance di Marcello Maloberti appositamente concepita per gli spazi del museo e a cura di Cristiana Perrella
Per celebrare il trentennale del Centro Pecci
Maloberti è stato invitato a concepire una performance che dialogasse in modo inedito con i suoi spazi e la sua collezione
La performance è stata realizzata al Centro Pecci sabato 13 ottobre 2018
ore 18.30 alla presenza dell’artista
Si tratta dell'unica opera di Maloberti realizzata appositamente per la 14° Giornata del Contemporaneo
La performance di Marcello Maloberti segnala un nuovo
impegno produttivo del Centro Pecci nei confronti dell’arte italiana
Impegno confermato a breve dalla mostra dedicata al rapporto tra Fabio Mauri e Pier Paolo Pasolini
che sarà presentata dal Centro Pecci nella primavera 2019
Riprese video: Maria Teresa Soldani e Mario Albanese Pereira
Proiettata in anteprima italiana al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci dal 6 al 25 novembre
la rassegna "Second Summer of Love"
commissionata e prodotta da Gucci e Frieze
prosegue il programma di eventi legato ai trent’anni di attività del Centro Pecci
Everybody in The Place: An Incomplete History of Britain 1984-1992
Il fenomeno acid house viene spesso descritto come un prodotto sui generis
ispirato da un manipolo di DJ che lavorava a Londra e aveva scoperto l’ecstasy durante una vacanza a Ibiza nel 1987
In realtà l’esplosione dell’acid house e dei rave nel Regno Unito fu il prodotto di un più vasto e profondo insieme di punti di rottura
già presenti nella cultura britannica
che s estendevano dal cuore delle città alla campagna più remota
attraversando linee di demarcazione fra classe
identità sociale e geografia finora ritenute impenetrabili
Con Everybody In the Place Jeremy Deller ribalta i comuni concetti di rave e acid house ponendoli al centro dei cambiamenti sociali di portata sismica che sconvolgono la Gran Bretagna negli anni ‘80
Materiali d’archivio rari o inediti raccontano il passaggio dai movimenti di protesta ai rave party nei capannoni abbandonati
l’agitazione degli operai che tracima nello sfogo caotico in pista da ballo
SECOND SUMMER OF LOVE "Second Summer of Love" è una serie di film d’artista che richiamano un altro trentennale che ricorre quest'anno: nel 1988 infatti la musica elettronica e la cultura giovanile esplodono nel Regno Unito
per espandersi subito dopo in Europa e negli Stati Uniti
Le radici dell’acid house e la scena rave – il modo in cui hanno rivoluzionato lo stile di vita dei giovani e hanno avuto un impatto duraturo sulla cultura contemporanea
comparabile a quello della controcultura degli anni ’60 – rappresentano l’ispirazione dell’opera di Jeremy Deller
mentre gli scenari che hanno preceduto e influenzato la cultura rave ispirano le opere di Wu Tsang e Josh Blaaberg
ai capannoni di Berlino e ai rave illegali organizzati nelle vicinanze dell’autostrada M25 che circonda la capitale britannica
l’acid house ha fatto da colonna sonora al frenetico smantellamento delle vecchie certezze
e alla costituzione di un nuovo ordine sociale
Distant Planet: The Six Chapters of Simona
Jeremy Deller, Everybody in the Place
An Incomplete History of Britain 1984-1992, 2018 (trailer). Commissionato e prodotto da Frieze e Gucci
the Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci will present the Italian première of the film exhibition Second Summer of Love, commissioned and produced by Gucci and Frieze, as a further event celebrating the 30 years anniversary of Centro Pecci.
Italo disco is often seen as the lesser cousin of US and UK pop
a cultural hierarchy built on a set of shared assumptions relating to nationhood
archive and interview to explore how emotional impulses are at the core of these and all assumptions: how reality and desire are inherently intertwined
The film imagines a universe where mid-1980s New York runs riot for the latest Italo releases and Campari fountains are installed by Presidential decree
It presents the genre in all its glamour and artifice
celebrating its anonymous stars who sang in borrowed English under invented American names
Starting from the premise that life is as ephemeral as a short-lived Italo hit
the film positions the genre as being defined by loss: of language
voice and dashed hopes for a better future
It goes on to explore how the eternal desire to overcome loss is the true meaning of luxury
The film draws parallels between the loss of loved ones
the strange unreality of experiencing grief in childhood
and the unique combination of happy and sad sounds that define the music
Distant Planet takes three Italo disco stars and journeys with them as they reconnect with the forgotten fantasies of the music
our Italo stars are elevated to their rightful places in pop history
Immortalised as demigods on the slopes of Mount Etna
all loss is defeated and cultural hierarchies overcome
Commissionato e prodotto da Frieze e Gucci
Wu Tsang explores the history and legacy of New York house music
rooted in the real-life experiences of a predominantly black and Latino queer community
and the struggles of queer/POC liberation movements
and near-future visions of New York nightlife from intergenerational scene-makers and DJs
and questions the uroborosian tension between underground culture and appropriation
It mixes the tenderness of aging with the vigilance of youth
and digs into what it really means for people to make a deeper
L'artista Loris Cecchini racconta la sua prima volta al Centro Pecci e cosa ha significato per lui negli anni frequentare il museo e le sue attività
A Loris Cecchini il museo ha dedicato una mostra personale "Dotsandloops" (2009
Attualmente l'installazione permanente "WATERBONES
CLIMBING IN TRANSITION STATE PRATO" (2018)
realizzata dal Comune di Prato e dal Centro Pecci
è visibile all'esterno della Biblioteca Lazzerini di Prato
format di networking che vede la collaborazione con la fiera Art Verona
il Centro Pecci ha ospitato dal 26.07.2018 al 16.09.2018 "Luogo"
progetto di Fabrizio Prevedello appositamente concepito per gli spazi del museo
Nel video è l'artista stesso a guidarci alla scoperta delle sue opere
che vive e lavora alle pendici delle Alpi Apuane
è contraddistinta da una commistione tra materiali di produzione industriale - cemento armato
lastre di vetro - e gli elementi canonici della scultura
tra cui emerge l’uso estensivo del marmo
Questa complessità interna del lavoro permette all'artista di portare alla luce una dimensione evocativa attribuibile sia ai materiali impiegati che alle forme in cui essi vengono trasposti
Per la mostra al Centro Pecci l’artista ha strutturato un percorso narrativo
dove le sculture si pongono in relazione una con l’altra
amplificando la struttura di senso interna ad ognuna
Si tratta di opere recenti a cui viene conferito un valore ulteriore per via dell’inedita collocazione e per il dialogo che volutamente l’artista ha inteso creare tra un lavoro e l’altro
allusivo come spesso accade nella pratica dell’artista
si rifà ad una dimensione spazio-temporale sospesa e evanescente
così come alla molteplicità di significati attribuibile all'idea di luogo
Le sculture presentate al Centro Pecci sono forme plastiche che si relazionano con la tradizione scultorea
che con la loro geometria e il loro cromatismo fanno eco all'architettura e ai suoi elementi strutturali
che si nutrono di opposizioni – il pieno e il vuoto delle forme
il loro essere al contempo transitorie e durevoli – offrendosi così allo spettatore come stratificazione di segni
immagini metaforiche capaci di generare una molteplicità di narrazioni possibili
Mario Albanese Pereira e Maria Teresa Soldani
Comportamento è il re-enactment del Padiglione Italia della Biennale di Venezia del 1972
che insieme ad Opera di Francesco Arcangeli rappresentava il binomio dialettico centrale in quella edizione
che poneva la domanda se in futuro l’arte sarebbe ancora stata affidata a dipinti e sculture più o meno tradizionali
oppure si sarebbe espansa nella processualità che gli interventi di molti artisti in quegli anni sembravano preferire
Più che una ricostruzione filologica di quella parte del padiglione centrale
la mostra ha suggerito il senso dei lavori di artisti che in quel periodo
si affacciavano sul palcoscenico internazionale: Gino De Dominicis
grazie al lavoro di ricerca compiuto da Giada Pellicari
attraverso fotografie e documenti di archivio
ha cercato di riportare alla luce le vicende organizzative e critiche di quell'evento
Si trattava di una mostra molto coraggiosa e pionieristica
per un’istituzione pubblica come la Biennale
di affrontare il nodo dei movimenti scaturiti
di grande impatto proprio nel settore dell’arte
se intesa come ricorso ai mezzi tradizionali della pittura
sostituiti dai nuovi media tecnologici propugnati da quella svolta: la fotografia
il ricorso al corpo stesso degli artisti o di loro delegati
Pensata come un percorso attraverso l’allestimento delle opere che furono originariamente esposte
la mostra si snoda attraverso quattro sale situate nella parte dell’edificio del Centro Pecci progettato negli anni Ottanta dall'architetto Italo Gamberini
È arricchita da una parte documentaria
filmati e testi pubblicati in quell'occasione
Riprese di Mario Albanese e Victor Valobonsi
Immagini di repertorio dall'Archivio Audiovisivo del Centro Pecci e dalle Teche RAI
Montaggio e postproduzione di Maria Teresa Soldani
Viaggio verso i 30 anni del Centro Pecci di Prato (1988 - 2018)
La collezione del Centro Pecci include più di mille opere di oltre trecento artisti
realizzati dagli anni Cinquanta del Novecento ad oggi e acquisite per lo più in seguito a mostre
Di particolare rilievo risultano lavori di vari esponenti dell'Arte Povera e della Transavanguardia italiana e internazionale
così come di artisti dell'ex URSS e della fotografia d'artista
Vari esempi della recente produzione artistica italiana ed europea sono stati acquistati dagli Amici del Museo e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Prato
altri provengono dalla collezione privata della famiglia pratese Beccaglia
La raccolta comprende inoltre un vasto nucleo di opere e progetti di Poesia Concreta
esperienze visuali di musicisti e performers donati dal mercante pratese Carlo Palli
Altri nuclei della raccolta sono dedicati all'Architettura radicale
al Cinema d'artista in Toscana dal 1964 al 1980
mentre fondi specifici di opere sono stati donati dalla famiglia del poeta visivo Luciano Ori e provengono dall'archivio dell'artista fiorentino Mario Mariotti e dal deposito di opere di Leonardo Savioli e di sua moglie
donati alla Regione Toscana insieme allo studio dell'architetto modernista
Nel 2015 la collezione si è arricchita di un cospicuo comodato di opere pittoriche e fotografiche provenienti dalla collezione dell'industriale di origini pratesi Alessandro Grassi
incentrata su ricerche artistiche italiane e internazionali sviluppate negli anni Ottanta e Novanta
riprese e montaggio: Mario Albanese Pereira
Video realizzato con immagini delle mostre:
- Dalla Caverna alla Luna (8 aprile 2017—28 gennaio 2018)
- Dentro la Collezione (30 gennaio—12 agosto 2018)
Le immagini di repertorio sono tratte dall'Archivio Audiovisivo del Centro Pecci
La mostra Maciste contro tutti racconta il passaggio dai CCCP ai CSI: morte
Si parte da Epica Etica Etnica Pathos con la serie delle foto di Luigi Ghirri usate a corredo iconografico del disco
presente in quella copertina e protagonista nell’ultimo anno di una singolare campagna di crowdfunding
Il cuore dell’esposizione riguarda la serata del 18 settembre 1992
i comunicati stampa ed un’ampia documentazione fotografica dell’evento
incluso il progetto dell’allestimento scenico ad opera di Mariano De Tassis e il materiale inerente al disco dal vivo che uscì l’anno successivo
la cui riedizione in vinile è annunciata in questi giorni
Il Consorzio Suonatori Indipendenti continua la propria storia registrando il nuovo disco in Bretagna
Le foto scattate a Finistère raccontano la realizzazione di Ko De Mondo
che uscì nel 1994 e fu presentato in anteprima
con un breve concerto nelle sale del Centro Pecci
Si parte da Epica Etica Etnica Pathos con la serie delle foto di Luigi Ghirri usate a corredo iconografico del disco
Il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci ha presentato la prima retrospettiva in Italia di uno dei massimi rappresentanti dell'arte e del cinema sperimentale polacco
dal titolo Più vicino – più lontano
ma anche animatore culturale e teorico d’arte
Ha coordinato alcuni dei movimenti artistici fondamentali della seconda metà del Novecento
dal Collettivo Zero-61 (1961-1969) che si è ispirato alla tradizione del montaggio metaforico utilizzato dal cinema d’avanguardia
al Laboratorio per la Forma Cinematografica (Warsztaty Formy Filmowej
Animatore del movimento artistico progressista polacco
la sua ricerca l’ha portato a interrogarsi sul linguaggio
unendo a questi elementi un interesse verso la tradizione concettuale d’avanguardia filtrata attraverso la lente dell’autenticità e dell’identità personale
La mostra al Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato presenta alcune delle opere più significative dell’autore e della sua ricerca sul linguaggio cinematografico e il montaggio: una selezione di film
documentazioni di performance a partire dagli anni Sessanta fino ai tempi più recenti
Mark Wallinger led us to the discovery of MARK WALLINGER MARK exhibition
On view at Centro Pecci are central works from different phases of Wallinger’s career
giving an insight into the artist’s manifold practice
A dialogue between Productive by Giorgio Andreotta Calò and A Fragmented World by Elena Mazzi and Sara Tirelli
t. +39 0574 5317
info@centropecci.it
Un dialogo tra Produttivo di Giorgio Andreotta Calò e A Fragmented World di Elena Mazzi e Sara Tirelli
dal 24 ottobre 2020 al 25 aprile 2021 al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato: sono A Fragmented World (2016) di Elena Mazzi e Sara Tirelli
Giorgio Andreotta Calò ha acquisito
Ha studiato all'Accademia di Belle Arti di Venezia (1999-2005) e ha proseguito gli studi alla KunstHochSchule di Berlino (2003-2004)
è stato assistente di Ilya ed Emilia Kabakov
È stato artista residente presso la Rijksakademie Van Beeldende Kunsten
Tra le sue principali mostre personali: Pirelli HangarBicocca
Los Angeles (2016); Institut Culturel Italien
Il suo lavoro è stato presentato alla 57a Biennale di Venezia (2017)
a cura di Cecilia Alemani e alla 54a Biennale di Venezia (2011)
Milano (2017); 16a Quadriennale d'Arte
promosso dal Ministro degli Affari Esteri italiano e il Premio Italia per l'arte contemporanea (2012)
installazioni ambientali di larga scala e interventi spaziali che trasformano architetture o interi paesaggi e sono spesso concepite per essere incluse in un ricco sistema di rimandi e collegamenti tra di loro
anche attraverso l’uso di elementi naturali densi di significati simbolici – come l’acqua
Il suo lavoro affonda le radici in alcune pratiche concettuali e processuali tipiche degli artisti degli anni Sessanta e Settanta per poi aprirsi a nuove evoluzioni ed è il risultato di un lungo processo di ricerca sui materiali – da quelli classici
sulle tecniche di lavorazione e sulla loro origine
Il suo interesse per i materiali organici avvicina le sue opere agli attuali dibattiti internazionali sull’utilizzo e dispersione delle materie prime e ai temi sui cambiamenti socio-ecologici
Ha studiato Storia dell’Arte presso l’Università di Siena
Nel 2011 si è laureata in Arti Visive presso lo IUAV di Venezia
Ha trascorso un periodo di studi all’estero presso la Royal Academy of Art (Konsthogskolan) di Stoccolma
La sua poetica riguarda il rapporto tra l’uomo e l’ambiente in cui vive
il modo in cui l’essere umano decide di operare in esso
Seguendo prevalentemente un approccio antropologico
questa analisi indaga e documenta un’identità sia personale che collettiva
relativa a uno specifico territorio e che dà luogo a diverse forme di scambio e trasformazione
Le sue opere sono state esposte in mostre personali e collettive
Centro Pecci per l’arte contemporanea a Prato
Fittja Pavilion durante la 14° Biennale d’Architettura di Venezia
Ha partecipato a diversi programmi di residenza tra cui ZK/U a Berlino
menzione speciale per Arte Patrimonio e diritti umani
Ha conseguito il MFA in Arti Visive presso la Facoltà di Scienze Umane dell'Università di Bologna
Musica e Spettacolo nel 2003 e nello stesso anno ha conseguito il Diploma di Regista presso la Scuola Civica di Cinema e Nuovi Media
Ha iniziato la sua carriera come videomaker per New Media Art in Olanda
prima di stabilirsi a Venezia dove è stata selezionata come artist in residence presso la Fondazione Bevilacqua La Masa nel 2010
I suoi video e le sue opere sono stati presentati in diverse mostre e festival tra cui Q16.Quadriennale d’Arte di Roma
12th Biennale Internazionale di Architettura di Venezia
Nel 2017 ha vinto il 3 ° Premio della Deutsche Bank e l'Ufa Award e nello stesso anno è stata selezionata come Artist in Production in Residency @ Borås Konstmuseum
La sua ricerca artistica esplora i processi di percezione visiva e i legami tra tecnologia
La sua attività professionale spazia da progetti artistici a produzioni commerciali come video musicali
Mazzi e Tirelli collaborano dal 2015 alla realizzazione della video installazione intitolata A fragment world (2016) e hanno già lavorato insieme tra il 2013 e il 2014 al video LACUNA
Lecture di Giorgio Andreotta Calò con Barbara Casavecchia
Raffaella Frascarelli e Giovanna Silva
t. +39 0574 5317
Cassirer in Filosofia delle forme simboliche (1923-1929)
analizza queste ultime come la chiave che permette all’uomo di passare dallo stato naturale alla civiltà
e il mito è tra le forme che gli permettono di conoscere il senso dell’io e del mondo
risiedono diverse strutture simboliche ricorrenti e proprie di ogni tentativo d’interpretazione del presente
Dedalo e Icaro cercano di fuggire dall’isola di Creta e dalla prigionia del re Minosse passando per il cielo
perché come scrive Ovidio nelle Metamorfosi “omnia possideat
non possidet aera Minos.”La presenza del labirinto
il processo metamorfico come chiave della fuga
la necessità di agire in uno spazio liminale tra il cielo luminoso e le tenebre delle profondità marine e le figure di Dedalo padre esperto e del giovane Icaro
sono tra gli elementi di riflessione che questa storia suggerisce
e che intersecano la pratica e la ricerca di Giorgio Andreotta Calò
La mostra IΚΑΡΟΣ (ICARUS) presenta l’omonimo progetto dell’artista Giorgio Andreotta Calò
un mediometraggio realizzato a partire dal 2019 che si espande nello spazio della Galleria ZERO… grazie alla presenza di altre opere
proponendo al visitatore un’interazione profonda in un dialogo fondamentale con lo spazio espositivo.Alla fine del 2020
con la collaborazione dell’entomologo esperto Enzo Moretto e del giovane entomologo Bart Coppens
interviene su un padiglione delle farfalle abbandonato parte di un complesso zoologico a Emmen
portando una nuova colonia di falene nell’edificio prossimo alla demolizione come atto simbolico
Un movimento al contrario quello compiuto da Giorgio Andreotta Calò che
nel mezzo del vuoto causato dalla pandemia
e che dalle ore di luce sposta la vita e il movimento nelle ore dopo il tramonto
quando le falene si risvegliano.Moretto e Coppens come due Dedalo e Icaro moderni studiano questi lepidotteri con grande curiosità e il giovane entomologo concentra tutta la sua attenzione sull’esperienza e le conoscenze di Moretto
ricongiungendo il mito nella contingenza di una narrazione a metà tra realtà e finzione
Anche lo spazio della galleria contribuisce al racconto
permettendo al visitatore di fare esperienza di quella contrapposizione degli opposti
che ciclicamente ritorna nelle opere di Giorgio Andreotta Calò
Il piano terra è allestito con la stessa gabbia metallica che si vede nel film all’interno del padiglione
e su questa sono posizionati alcuni bozzoli naturali e microfusioni in argento
Questa costruzione guida il visitatore in un breve percorso labirintico che è un chiaro riferimento al labirinto del Minotauro
elemento dimostrativo del genio di Dedalo del quale è però prigioniero
Nella fotografia esposta all’ingresso della mostra è già preannunciato il tema della metamorfosi del giovane entomologo
la necessità di un cambio di prospettiva si realizza nell’ibridazione tra uomo e animale
L’invito a proseguire l’esperienza al piano interrato della galleria si traduce in una sorta di catabasi verso l’oscurità di un mondo onirico in cui si dispiega la narrazione del mito nella proiezione della pellicola
che in fondo alla sala è l’unica fonte di luce.Il fascino suscitato dalle azioni dei due uomini verso le falene è legato anche alla caducità dell’esistenza di queste creature
che trascorrono circa metà della loro vita nelle crisalidi in attesa di liberarsi
L’istinto di avvicinarsi alla luce delle falene
le intrappola in un movimento rotatorio sempre più veloce
e allo stesso modo lo spettatore viene trasportato in un’altra dimensione dalle immagini
Così a poco a poco Coppens/Icaro si congiunge alle falene in un legame sempre più stretto e sensibile
in una nuova metamorfosi.In un angolo dello spazio un fascio di luce illumina proprio la felpa indossata da Coppens nella pellicola
come un ritrovamento delle ali di Icaro ormai precipitato nelle profondità del mare
Su questa sono cuciti dei bozzoli di seta che suggeriscono un’esistenza simbiotica
tra i due materiali tessili e un richiamo alla dimensione di un volo mitico che è possibile solo “nella dimensione onirica della realtà”
ΊΚΑΡΟΣ (ICARUS) è una mostra delicata in cui la profondità del pensiero di Giorgio Andreotta Calò si mostra a chi è capace di intuirne le istanze poetiche
in cui le forme simboliche del mito trovano realtà nello spazio a cavallo tra realtà e sogno
Un video in timelapse svela il dietro le quinte di una delle opere più affascinanti della Biennale Arte di Venezia
All'interno della mostra “Il mondo magico”
l'installazione di Giorgio Andreotta Calò ha catturato l'attenzione di tutti
Artribune è una piattaforma di contenuti e servizi dedicata all’arte e alla cultura contemporanea
nata nel 2011 grazie all’esperienza decennale nel campo dell’editoria
Ruota intorno al mediometraggio «Icarus» il progetto della mostra omonima presentata fino da Zero..
Uno still da «Icarus» (2020-21) di Giorgio Andreotta Calò
Ruota intorno al mediometraggio «Icarus» di Giorgio Andreotta Calò il progetto della mostra omonima
Avviato nel 2019 e sviluppato nel lockdown
nel padiglione un tempo destinato alle farfalle dello zoo dismesso di Emmen
il film documenta la metamorfosi di una colonia di falene immesse nell’edificio con il supporto di un esperto entomologo
E intreccia la storia naturalistica con il mito di Icaro
mentre a Moretto è affidato il ruolo del padre Dedalo
l’architetto capace di dominare le leggi della natura
tanto da costruire le ali per volare via dal Labirinto
in cui i due furono imprigionati da Minosse
A patto però di non avvicinarsi troppo al sole
come fece il figlio.La mostra si articola in due entità: luminosissimo il piano superiore; oscuro l’inferiore
entrambi abitati anche da altre opere di Andreotta Calò
piccole sculture d’argento riproducono il bozzolo della falena «Argema Mimosae» e nello spazio buio dove scorre il film c’è la felpa indossata dal giovane quando si ibrida facendosi falena
ricoperta da bozzoli della «Samia Ricini» (la specie immessa nel padiglione di Emmen)
mentre un raggio di luce proietta sulla parete l’ombra delle ali
trasfigurando in mito la realtà feriale di una felpa
15 giugno 2022 | © Riproduzione riservata
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Report di Valentina Bartalesi — Varcando il limes della mostra personale CITTÀDIMILANO di Giorgio Andreotta Calò
inaugurata il 13 febbraio nello Shed di Pirelli HangarBicocca
di “sculture” geologiche e di “geometrie” ancestrali
Varcando il limes della mostra personale CITTÀDIMILANO di Giorgio Andreotta Calò, inaugurata il 13 febbraio nello Shed di Pirelli HangarBicocca, pare di addentrarsi
Tale natura luminosa e oscura trova espressione nel fluire delle condizioni di luce e di ombra all’interno dello spazio espositivo – e conseguentemente del “godimento” e della visibilità delle opere stesse – qualificandosi quale elemento di assoluta originalità e completezza (nei termini di una comprensione “biologica” e ambientale) per il progetto
Tale concetto è ribadito con forza dalla curatrice che rammenta come “CITTÀDIMILANO possieda un’anima duplice
che modifica radicalmente la percezione delle opere da parte dello spettatore.”
nel corso del giorno la luce naturale filtra dall’alto
svelando i trapassi cromatici delle sculture di Caló ed evidenziando le proprietà dei materiali
durante il periodo serale (per così dire notturno) solo pochi neon dal riverbero azzurrato – gli stessi esposti nel 2017 al Padiglione Italia alla Biennale di Venezia quando Caló presentava La fine del mondo – rischiarano un ambiente in cui le opere paiono galleggiare nel buio alla stregua di relitti di un mondo “sommerso” e “subacqueo”
Nel corso della conferenza stampa Vicente Todolì – Direttore Artistico di Pirelli HangarBicocca – propone un’interessante considerazione sul rapporto esistente tra alcuni degli artisti chiamati in Hangar ad operare e l’architettura stessa dello Shed: “Rispetto all’intervento sull’architettura
è curioso notare come due artisti giovani che lavorano sul tema dell’architettura come Leonor Antunes e Giorgio Andreotta Calò
abbiano avuto la medesima idea di sostituire le lamiere – ovvero le aperture antincendio sovrastanti – traducendole in elementi dai quali la luce può penetrare
la mostra cambia completamente dal giorno alla notte
quando l’illuminazione è ridotta al minimo e gli occhi si devono abituare alla realtà per percepire i contorni delle cose.”
Abituarsi al buio o alla luce richiede tempo e desiderio di immergersi nelle cose: l’intero progetto
e generalmente il lavoro di Giorgio Andreotta Calò
necessita di una “lentezza” siderale forse estranea alla volubilità del contemporaneo
Questa condizione è ampiamente condivisa dall’autore
che esordisce in conferenza stanza sostenendo come si sia voluto dare vita a “Una mostra non ‘scontata’
Non si è voluto portare in Hangar un lavoro che parlasse nell’immediato
quanto un lavoro al quale si dovesse dedicare un certo tempo perché potesse disvelarsi
in una riflessione dunque sottile e complessa
Chi concederà a questa mostra il tempo giusto per manifestarsi
potrà coglierne le possibili sfaccettature
in un’idea di un’immersione verso il particolare e di un’emersione verso una visione globale
In virtù della dicotomia insita nelle opere
esse varieranno sia dal punto di vista strutturale-semantico
sia nel modo in cui le stesse dialogono con la luce naturale
Il mio suggerimento – conclude Andreotta Calò – è di vivere lo spazio dedicandogli tempo e più tempo ancora se possibile
perchè la mostra sia realmente vissuta e frequentata con lentezza.”
Sul tema della lentezza e della fluidità dei concetti di inizio e di fine
tracciando una prima panoramica della produzione dell’artista: “La mostra ha avuto una genesi lunga – forse breve per i tempi di Giorgio – di quasi due anni
pur risultando l’esito di una ricerca che affonda le proprie radici nella precedente produzione dell’artista
Continuavo a dire a Giorgio che il suo lavoro è un ‘elogio alla lentezza’
in quanto alcune delle opere qui presenti prendono avvio già nel 1999
per poi essere portate ad un ulteriore stadio di elaborazione negli anni successivi.”
In questa lentezza primordiale le azioni si sedimentano nel tempo
dando origine a interventi eterogenei intimamente connessi tra di loro
La continuità dei lavori è endogena e interna agli stessi; la conformazione che le opere potranno assumere inaspettate
Prosegue la curatrice: “Credo che il lavoro di Giorgio sia sorprendente in quanto riesce a unire interventi spettacolari e architettonici – si pensi alla bellissima installazione “La fine del mondo” presentato nel 2017 alla Biennale di Venezia – a lavori maggiormente silenziosi
Non a caso alla sua prima apparizione alla Biennale di Venezia del 2001 presentò un lavoro
altrettanto impegnativo e titanico per quanto visivamente meno “conclamato”: un lungo pellegrinaggio durato circa tre mesi da Amsterdam
Io credo che la mostra Cittàdimilano riesca a riassumere e a portare in superficie entrambi questi aspetti del lavoro di Giorgio
In entrambi i casi tali tendenze convivono e risultano l’esito di un processo lunghissimo che vede l’artista protagonista; questi – racconta la curatrice – trascorre ore in fonderia qualora debba fondere dei pezzi
oppure settimane in movimento quando il suo lavoro assume la forma del cammino.”
Giungiamo dunque ad una sintetica presentazione delle opere presenti in mostra illustrate da Tenconi
che ne segnala magistralmente le caratteristiche principali: sotto il profilo espositivo “La mostra si concentra soprattutto sull’aspetto scultoreo della produzione di Andreotta Calò
pur tentando di aprire una finestra anche su altre tipologie di lavoro
Non è un caso che la personale si apra con un film e si chiuda con una fotografia di notevoli dimensioni
scaturita dal monumentale intervento praticato all’ultimo piano del grattacielo Pirelli
letteralmente trasformato in una camera oscura per imprimere la grande impressione della città dalla quale la mostra prende il nome
Giorgio prosegue inoltre con una nuova produzione per la serie dei Carotaggi – l’opera dal titolo Produttivo viene avviata nel 2014 -
esposti per la prima nella più completa configurazione di oltre 1500 metri quadrati
disposte orizzontalmente nello spazio dello Shed
provengono dall’archivio sardo della Carbosulcis
l’ultima miniera attiva di carbone in Italia oggi prossima alla chiusura
dotata di un archivio che raccoglie oltre trent’anni di sondaggi sul paesaggio circostante e sull’industria
I carotaggi – ricorda la curatrice – sono disposti con una cura maniacale all’interno dello spazio
assecondando uno studio e una geometria rigorosa che non possono non rimandare
La disposizione dei Carotaggi corrisponde peraltro alla collocazione originale degli stessi: se infatti rovesciassimo l’asse orizzontale in senso verticale otterremo la loro originaria stratigrafia
essendo i singoli pezzi installati mantenendone la quota stratigrafica.”
“Oltre ai carotaggi – riprendiamo le parole della curatrice – in mostra sono esposte le Clessidre (1999- in corso) e le Meduse (dal 2013)
forse tra le opere più note di Giorgio Andreotta Calò
nate entrambe in relazione alla città di Venezia.” E’ lo stesso artista a ricondurre le Clessidre alla forma del tempo: “Esse nascono (ne sono in qualche maniera l’impronta
trattandosi di calchi) dai pali lignei piantati nella Laguna e sottoposti l’azione erosiva dell’acqua
assurgendo a forme verticali di demarcazione di un tempo cristallizzato e sospeso
Quest’idea di orizzonte e di orizzontalità sia grafica sia di paesaggio è presente in tutta la mostra: anche osservando la grande fotografia della città di Milano rovesciata e in bicromia
emerge quella linea di orizzonte quasi metafisico.”
In apertura e in conclusione del percorso espositivo
“si collocano due visioni possibili e oniriche della città di Milano: una di una Milano sommersa evocata dal piroscafo Pirelli Cavi inabissatosi in prossimità dell’isola di Filicudi
presso Capo Graziano e quella di una Milano capovolta e acquatica
un fronte su cui si staglia la città”
in questo senso non distante dall’immagine della lagunare Venezia
“ricorre il centenario dell’affondamento del piroscafo
nominato con il nome di uno dei membri dell’equipaggio inabissato: Jona
Il riferimento a questa figura biblica di Jona che discendendo e si inabissa per tre giorni cercando di sfuggire al proprio destino
pendendo dal carroponte e disegnando un’onda curvilinea e armonica complementare allo sviluppo terrestre e rettilineo dei carotaggi
Entrando in mostra siamo invitati ad “inabissarci” insieme all’equipe di subacquei: la presenza umana nei miei lavori è quasi assente o disumanizzata
L’ultima opera visibile in mostra è il filmato In girum imus nocte (2014) girato con pellicola 16 mm
che riprende il cammino di un gruppo di dodici minatori e dell’artista nella regione sud-occidentale del Sulcis Iglesiente verso l’isola di Sant’Antioco
E’ la notte di Santa Barbara e i fuochi brillano sullo sfondo scuro
le domande che si sollevano in sala sono molteplici; vengono individuate e proposte affinità cronologiche tra interventi passati e presenti
si rileva una vicinanza “iconografica” con la produzione di Walter De Maria
definita dall’artista nei termini di ascendenza subliminale
Si evidenzia come invece il rapporto con la poetica di Gordon Matta-Clark
autore approfonditamente indagato dallo stesso Andreotta Calò
si configuri in maniera più radicale in un’analisi su come rendere fruibile un’architettura non più percorribile
il ricordo di un artista effettivamente non citato
ma forse presente si fa però sensibile: quello di Jannis Kounellis
altro Argonauta-viaggiatore che del Mediterraneo
ha fatto la materia prima di un epos caratterizzato da lentezza e memoria
installazione permanente al Castello di Ama L’opera è infotografabile e ripercorrere i passaggi del processo pluriennale che hanno portato alla sua realizzazione; sembra una follia solo averla pensata
Tana è un ambiente ipogeo accessibile da uno stretto corridoio sul crinale di una collina
Giorgio Andreotta Calò, Tana, 2023, installazione permanente al Castello di AmaL’opera è infotografabile e ripercorrere i passaggi del processo pluriennale che hanno portato alla sua realizzazione; sembra una follia solo averla pensata
Quando l’occhio si abitua al buio e si iniziano a percepire i confini dello spazio
questo risulta accogliente e ha un che di familiare nonostante ci si trovi sottoterra: la forma è quella di un fegato; siamo dentro un corpo
Un piccolo foro sul soffitto e attraverso il terreno sovrastante permette alla luce e al mondo esterno di entrare
l’ambiente di fatto è una camera oscura e sul pavimento scorrono in tempo reale i movimenti del cielo
materializza la relazione indissolubile tra noi
Lydia Ourahmane, “Polvere” da Ordet
ma di quelle che forse proprio per questo ti restano dentro
Lutz Bacher, “AYE!” da Raven Row
LondraPer me è indimenticabile l’opera con cui si apriva la mostra
una stanza colma di sabbia su cui era possibile camminare e lasciare le proprie impronte
Come leggere un libro che non vorresti finisse mai.Roberta Tenconi
1979) è il vincitore della prima edizione di ACP Green Art Award
il premio fondato nel 2021 da ACP – Palazzo Franchetti e dalla società Art Capital Partners
con il patrocinio del MITE – Ministero Transizione Ecologica
volto a sviluppare proposte sulla tematica urgente della preservazione del pianeta e delle energie rinnovabili
Il premio è rivolto a un artista o a un collettivo di artisti che affrontando i temi della sostenibilità si faccia mezzo di diffusione delle tematiche legate a clean water and sanitation
life on land: tutti obiettivi inclusi nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.Vincitore di questa prima edizione
scelto per la capacità di manifestare nella propria ricerca artistica
la complessa dialettica tra elemento antropico e naturale
L’artista partecipa con tre sue opere iconiche: Pinna Nobilis
La più votata entrerà nella collezione permanente di ACP – Art Capital Partners Palazzo Franchetti
potrà ammirarle dal 5 luglio al 27 novembre 2022 in una mostra dedicata all’interno di ACP – Palazzo Franchetti
L’opera vincitrice verrà votata dalla giuria e dal pubblico e potrà cliccare la sua preferenza sul sito www.acp-palazzofranchetti.com all’interno della viewing room dedicata fino al 30 giugno 2022
La premiazione avrà luogo martedì 5 luglio
ed è prevista anche una tavola rotonda aperta al pubblico sui temi e l’opera di Giorgio Andreotta Calò a cui parteciperanno anche i membri della giuria
Una delle sculture in gara è Pinna Nobilis realizzata in bronzo a partire dal 2014: raffigura a grandezza naturale un esemplare di Pinna Nobilis
conchiglia dell’omonimo mollusco bivalve
il più grande presente nelle acque del Mediterraneo
la cui sopravvivenza è minacciata dalle attività antropiche
Accanto al corpo centrale costituito dalla conchiglia
i canali di colata del metallo e l’imbocco sono elementi integranti della scultura
tracce del processo di fusione a cera persa e allo stesso tempo elementi di sostegno dell’opera stessa
La serie PinnaNobilis comprende varie tematiche che percorrono trasversalmente la ricerca dell’artista: lo sguardo sul paesaggio e in particolare sulla laguna di Venezia
da cui Andreotta Calò estrae alcuni frammenti e li rielabora in oggetti dalla forte carica evocativa
estratti a partire dal 2014 dal sottosuolo della laguna
sono stati rinvenuti diversi strati di materiale tra cui il Caranto
un’argilla sovraconsolidata compatta
che costituisce ciò che sostiene le fondamenta della città di Venezia
In questi lavori si ritrovano diverse tematiche affrontate da Calò: la rappresentazione del tempo
la mutevolezza della materia e una riflessione sulla laguna di Venezia
i cui elementi sottratti dal paesaggio e rielaborati dall’artista diventano oggetti portatori di significati universali
Senza titolo (in girum imus nocte) è una scultura realizzata dall’artista nel 2016
La genesi dell’opera si lega al periodo e alle ricerche svolte da Calò nel Sulcis Iglesiente
L’elemento in legno da cui ha origine la fusione in alluminio è utilizzato dai minatori nel film In girum imus nocte (2015) e nell’azione che esso documenta
L’opera allude inoltre alla configurazione del bastone evocando
la dimensione rituale legata all’azione del camminare nella pratica dell’artista
80 x 30 x 10 cm) © ACP - Art Capital Partners | Giorgio Andreotta Calò Foto di Tor Jonsson
‘In principio era l’Anàstasis (άνάστασις)’: così potrebbe partire il racconto della mostra Ellissi di Giorgio Andreotta Calò
organizzata presso il LabOratorio degli Angeli di Bologna in occasione di Art City 2021
L’intero progetto costituisce infatti una sorta di prosecuzione di quello realizzato nel 2018 in Olanda
L’intero progetto costituisce infatti una sorta di prosecuzione di quello realizzato nel 2018 in Olanda
invitato in quella circostanza a intervenire all’interno dell’edificio
scelse di focalizzare la propria attenzione sul ciclo dell’Annunciazione di Maria che decora parte delle vetrate
Essendo quest’ultimo l’unico superstite della cosiddetta beeldenstorm
la ‘tempesta delle immagini’ che colpì le icone sacre alla metà del XVI secolo
Andreotta Calò decise allora di rendere omaggio al complesso decorativo ricorrendo alla più antica delle tecniche fotografiche
trasformando così la più antica chiesa della capitale olandese in una grande camera oscura.
Gli stessi lavori dell’Annunciazione (2018) dell’artista – ottenuti
all’utilizzo del medium – avrebbero dovuto essere ospitati all’interno del LabOratorio degli Angeli di Bologna
“Il progetto però – come svela Leonardo Regano
curatore della mostra – ha preso una piega diversa”
Oltre all’intenzione di Andreotta Calò di dedicare la mostra al pittore Nicola Pulese e alla restauratrice Bruna Mariani
collegandola quindi idealmente all’esposizione temporanea della tela Allegoria Familiare (1998) dello stesso Pulese presso Palazzo Sassoli a Bologna
ecco che “anche la sala dell’ex Oratorio di Santa Maria degli Angeli
dopo vari sopralluoghi effettuati dall’artista
ha assunto le vesti di una grande camera oscura”
È in questo senso che l’Ellissi si trasforma in ellisse
e viceversa: “i due poli della figura geometrica sono infatti la mostra di Andreotta Calò e quella dedicata all’amico Nicola Pulese
mentre il significato legato alla figura retorica è tutto contenuto nella mancanza che essa presuppone
La decisione di trasformare anche l’ex Oratorio in un’immensa camera oscura deriva invece – a detta dello stesso artista – “da una questione di sensazione
Anche l’edificio bolognese è orientato a est
come nel caso della Oude Kerk e di tutte le chiese medievali
e anch’esso conserva in qualche modo un’aura religiosa
accentuata dal lucernario e dalla presenza di una grande finestra”: così Andreotta Calò ha ricoperto entrambi con dei fogli di gelatina rossi – gli stessi che aveva utilizzato in occasione della residenza ad Amsterdam – caricando l’ambiente di un’atmosfera viva
interagendo col nostro occhio in maniera diversa: ad esempi
se si visita la mostra nel tardo pomeriggio la sua tonalità sarà molto più scura e intensa”
l’idea di ricreare le stesse condizioni che si troverebbero all’interno di una camera oscura coincide con la volontà dell’artista di “mettere in risalto la latenza dell’immagine”
oltre a quella di generare un’“esperienza totalizzante”: la gelatina rossa
trasforma la luce in “inattinica [ossia] incapace di impressionare l’emulsione sulla carta fotografica lasciando le immagini in latenza […] La sua azione – scrive Regano nel testo che accompagna la mostra – è quella di evidenziare lo spazio vuoto
renderlo percepibile attraverso il colore”
È così che il visitatore viene letteralmente assorbito
accerchiato dai lavori dell’artista e dagli strumenti dei restauratori
in un’esperienza che unisce il mistico al terreno
Giorgio Andreotta Calò – Ellissi A cura di Leonardo ReganoLabOratorio degli Angeli
via degli Angeli 32Dal 8 maggio 2021 al 23 maggio 2021
Mentre tutte le opere in concorso sono visibili in una mostra dedicata all’interno di ACP – Palazzo Franchetti
Sempre per il 5 luglio è prevista una premiazione pubblica
Il termine “carotaggio” designa in geologia i sondaggi utilizzati per analizzare le caratteristiche fisiche o chimiche di un terreno: prelevati dal sottosuolo per mezzo di una trivella cava
i campioni di materiale si caratterizzano per una pressoché perfetta forma cilindrica
A partire dal 2014 Giorgio Andreotta Calò utilizza tali elementi come forme scultoree
I Carotaggi estratti da Calò nella laguna di Venezia portano alla luce strati di materiale
un’argilla che costituisce lo strato estremamente compatto che sostiene le fondamenta di Venezia
soggetto nell’ultimo secolo a un processo di sprofondamento
Senza titolo (in girum imus nocte) è una scultura realizzata da Giorgio Andreotta Calò nel 2016
La genesi dell’opera si lega al periodo e alle ricerche svolte dall’artista nel Sulcis Iglesiente
L’opera allude inoltre alla configurazione del bastone evocando
la dimensione rituale legata all’azione del camminare nella pratica dell’artista
In occasione di Art Basel Miami Beach (1-4 dicembre 2022) Giorgio Armani presenta la sua nuova collezione…
La Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. presenta ad Art Basel 2022 (16-19 giugno, Basilea, Svizzera)…
Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro presenta un nuovo percorso espositivo dettato dalla necessità,…
BOLOGNA - Un'ex chiesa in via degli Angeli 32
oggi laboratorio di restauro di Camilla Roversi Monaco
diventa contenitore per una bella e suggestiva operazione d'arte contemporanea: tra i macchinari che recuperano i capolavori del passato sono arrivati infatti i lavori di Giorgio Andreotta Calò che costituiscono il progetto "Ellissi"
Ed entrando nella piccola navata si è tramortiti dallo stupore prodotto dall'installazione che ha cambiato completamente l'aspetto del laboratorio
La grande finestra sul fondo è stata colorata di rosso
a ricordare la luce di una camera oscura in cui si sviluppano le fotografie
ma anche a citare le vetrate delle grandi cattedrali che attraverso le figure impiombate raccontavano storie di santi e di Madonne
ad animare quella sfilata di immagini e allo stesso modo l'ex chiesa di via degli Angeli si anima con i riflessi che cambiano nel corso della giornata
opera fotografica realizzata da Giorgio Andreotta Calò
Un tema che in fondo è molto comune nelle chiese e il LabOratorio degli Angeli era appunto luogo di culto mariano
nel ripensare a come cambiano gli spazi e le architetture
va oltre perché l'"Annunciazione" di Calò ha ulteriori rimandi spazio-temporali
ha realizzato un progetto partendo dalla chiesa Oude Kerk di Amsterdam
Una serie di stampe fotografiche che riprendono le "Storie di Maria" raffigurate sulle vetrate dell'edificio olandese
realizzate per contatto diretto tra carte sensibilizzate da reagenti fotografici e le vetrate coperte di gelatine rosse
Calò quindi ha analizzato e recuperato un'opera d'arte
per poi ricontestualizzarla in nuove forme concrete: prima di tutto le stampe fotografiche e oggi questa installazione
è anche il simbolo del messaggio che l'angelo porta alla Madonna nell'Annunciazione
Ma in questo caso l'arte compie un passaggio di significato e ciò che è religioso si carica di connotazioni spirituali
L'installazione, a cura di Leonardo Regano si visita fino al 23 maggio: lunedì-venerdì, ore 11-18, sabato e domenica su prenotazione: tel. 051 583200; info@laboratoriodegliangeli.it
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Tono e composizione nelle sue ultime nature morte
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Mostra dalle collezioni di Fondazione di Modena
Giuseppe Niccoli / visione e coraggio di una Galleria
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dal 2012 il primo blog dedicato al collezionismo d'arte
uno degli scultori italiani più innovativi della sua generazione
è arrivato il momento della prima personale londinese da Sprovieri in Heddon Street: La scultura lingua morta III
la mostra ripropone i lavori creati dall’artista veneziano durante la sua residenza alla Monnaies de Paris
Una serie di opere che si basa sulla sperimentazione delle tecniche tradizionali della scultura in bronzo
ispirate al lavoro di Arturo Martini da cui
deriva lo stesso titolo dell’esposizione
che riprende quello del volumetto pubblicato dal grande scultore nel 1945 e in cui teorizzò il declino della sua stessa arte in quanto incapace di relazionarsi con il mondo moderno
che diviene una sfida per Giorgio Andreotta Calò che a Londra
mette in scena una mostra che gravita attorno alla scultura
disciplina che l’artista ha sempre portato avanti parallelamente ad interventi site specific ed azioni performative
L’approccio scultoreo del lavoro di Andreotta Calò è riscontrabile nella forma ultima che questi interventi ed azioni assumono
La scultura è la risultante di un processo entropico di trasformazione che
a partire dal gesto umano e naturale prolungato in un tempo ed uno spazio
si cristallizza in un oggetto che nella forma e nel materiale rappresenta l’ultimo stadio di modificazione della materia. Così la forma della clessidra sintetizza in forma assoluta la corrosione costante di un legno piantato nell’acqua
soggetto al movimento verticale della marea
quasi a sospendere e rivelare la fissità del tempo
Nelle clessidre due elementi speculari sovrapposti rimandano al riflesso dell’ acqua che coincide con l’ atto dell’artista di “riflettere”
trasportandoci così dalla dimensione formale della scultura a quella concettuale
Come le clessidre sono strumenti di misurazione del tempo
così i carotaggi eseguiti recentemente in laguna veneziana diventano attraversamenti dello stratificazione geologica della sua terra e rappresentano anch’essi la formalizzazione di una scansione temporale che l’artista dispone orizzontalmente nello spazio
eludendo la verticalità del tempo geologico per portarla ad una dimensione lineare e dilatata. Ma il carotaggio ha anche uno scopo pratico: reperire l’argilla da utilizzare nella lavorazione della ceramica
Quell’argilla super-consolidata ed estremamente compatta chiamata caranto (dal nome latino caris/sasso)
che è letteralmente lo zoccolo duro su cui poggiano le fondamenta di Venezia
Questi carotaggi sono disposti all’interno di tubi di plastica che richiamano alla mente la forma della conchiglia e che sono allo stesso tempo involucri
gusci e calchi come quelli usati nel procedimento di fusione per ricavare dal negativo
il positivo del modello in cera della scultura in bronzo
Come negativi sono anche i grandi fogli di carta fotografica impressionata direttamente dalla luce
Una volta sviluppati e fissati riportano l’impronta evanescente della natura
cespugli appena mossi dal vento che la carta non riesce a trattenere in un’ immagine chiara e definita
ma che rimandano anch’essi alla dimensione onirica del sogno
riflesso e memoria labile di un istante trascorso e sfuggente seppure imprigionato nella fissità fotografica. Concludono la mostra due grandi sculture in legno
Giorgio Andreotta Calò vive tra Amsterdam e Venezia
Ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia (1999-2005) e ha continuato i suoi studi presso la Kunsthochschule di Berlino (2003-2004)
Dal 2001 al 2003 e nel 2007 è stato assistente di Ilya e Emilia Kabakov
E’ stato artista in residenza presso la Rijksakademie Van Beeldende Kunsten di Amsterdam (2009-2011)
Dal 2003 Andreotta Calò ha avuto mostre personali in tutta Europa
tra le quali: Institut Culturel Italien de Paris (2014); SMART Project Space
Il suo lavoro è stato presentato alla 54° Biennale di Venezia (2011)
promosso dal Ministero italiano degli Affari Esteri (2014) e il Premio Italia per l’arte contemporanea
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Andreotta Calò partecipa con 3 delle sue opere più iconiche: Pinna Nobilis
la più votata delle quali entrerà a far parte della collezione permanente di ACP – Art Capital Partners Palazzo Franchetti
Giorgio Andreotta Calò è il vincitore della prima edizione di ACP Green Art Award
il premio fondato nel 2021 da ACP – Palazzo Franchetti e dalla società Art Capital Partners
con il patrocinio del MITE – Ministero Transizione Ecologica
al fine di catalizzare proposte ed energie creative sulla tematica urgente della preservazione del pianeta e delle energie rinnovabili da assegnare a un artista o un collettivo di artisti che lavorando sui temi della sostenibilità si faccia strumento attivo di diffusione delle tematiche legate alle grandi sfide globali relative ai temi di clean water and sanitation
tutti obiettivi anche dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite
selezionato dalla giuria di esperti è Giorgio Andreotta Calò
scelto per la capacità di manifestare nella propria ricerca artistica
la difficile e maginifica co-esistenza tra uomo e natura
Le opere in concorso saranno visibili in una mostra dedicata all'interno di ACP – Palazzo Franchetti
a partire dal 5 luglio fino al 27 Novembre 2022
L'opera vincitrice verrà votata dalla giuria insieme al pubblico che funzionerà come giurato speciale e potrà cliccare la sua preferenza sul sito www.acp-palazzofranchetti.com nella viewing room dedicata fino al 30 giugno 2022
https://www.acp-palazzofranchetti.com/viewing-room/2-giorgio-andreotta-calo-acp-green-art-award/
si terrà martedì 5 luglio con una tavola rotonda aperta al pubblico
sui temi e l'opera di Giorgio Andreotta Calò a cui parteciparanno anche i membri della giuria e che avrà luogo ai primi di luglio
LA GIURIA
LE TRE OPERE IN GARA Realizzate in bronzo a partire dal 2014
le sculture ritraggono a grandezza naturale degli esemplari di Pinna Nobilis
il più grande presente nelle acque del Mediterraneo
la cui sopravvivenza è minacciata dalle attività antropiche
i canali di colata del metallo e “l’imbocco” sono parti integranti della scultura
tracce del processo di fusione a cera persa e al contempo elementi di sostegno dell’opera stessa
In alcuni esemplari la conchiglia originale è contenuta all’interno del bronzo evidenziando la compresenza dell’elemento naturale e di quello antropico
la trasmutazione alchemica intercorsa tra i due
La serie Pinna Nobilis racchiude molteplici tematiche che percorrono trasversalmente la ricerca dell’artista: lo sguardo sul paesaggio e in particolare sulla laguna di Venezia
da cui Andreotta Calò estrae alcuni frammenti e li rielabora in oggetti dalla forte carica simbolica ed evocativa
La forma speculare della Pinna Nobilis richiama inoltre la simbologia del doppio e diventa uno strumento di indagine per il presente
sospeso tra la realtà e la sua virtuale rappresentazione
estratti a partire dal 2014 dal sottosuolo della laguna coinvolgendo una società specializzata
sono venuti alla luce diversi strati di materiale tra cui il Caranto
un’argilla sovraconsolidata estremamente compatta
che costituisce lo zoccolo duro che letteralmente sostiene le fondamenta della città di Venezia
è presente una falda acquifera di acqua dolce
Il suo emungimento dovuto ad un ultilizzo intensivo dell'acqua negli impianti di raffreddamento delle industrie del polo petrolchimico di Marghera
ha innescato un fenomeno di subsidenza: lo sprofondamento dello strato di caranto rappresenta così un cedimento della colonna portante di Venezia
In questi lavori si ritrovano diverse tematiche affrontate da Giorgio Andreotta Calò nella sua ricerca: la rappresentazione del tempo
la mutevolezza della materia ed una riflessione sulla laguna di Venezia
i cui elementi sottratti dal paesaggio e rielaborati dall’artista diventano oggetti portatori di significati universali
Senza titolo (in girum imus nocte) è una scultura realizzata da Giorgio Andreotta Calò nel 2016
L’elemento in legno da cui ha origine la fusione in alluminio è infatti usato dai minatori nel film in girum imus nocte (2015) e nell’azione che esso documenta
L’opera è stata presentata assieme al film in presso l’High Line di New York in occasione della mostra collettiva Wanderlust
curata da Cecilia Alemani e tenutasi tra il 2016 e il 2017
In questo contesto l’opera era disponibile per i visitatori che potevano usarla durante la loro camminata
Venezia -Giorgio Andreotta Calò è il vincitore della prima edizione di ACP Green Art Award
Il concorso ha come fine quello di catalizzare proposte creative sulla tematica urgente della preservazione del pianeta e delle energie rinnovabili da assegnare a un artista o un collettivo di artisti che lavorando sui temi della sostenibilità si faccia strumento attivo di diffusione delle tematiche legate alle grandi sfide globali relative ai temi di: clean water and sanitation
La giuria di esperti ha selezionato Andreotta Calò
per la capacità di manifestare nella propria ricerca artistica
la difficile e magnifica co-esistenza tra uomo e natura
L’artista ha partecipato con 3 delle sue opere più iconiche: Pinna Nobilis
Carotaggio (Venezia) e Senza Titolo (in girum imus nocte)
la più votata entrerà a far parte della collezione permanente di ACP – Art Capital Partners Palazzo Franchetti
Le opere in concorso sono visibili in una mostra allestita a Palazzo Franchetti
da domani 5 luglio (giornata nella quale è prevista anche la premiazione) fino al 27 Novembre 2022
la delibera con la quale l’Amministrazione comunale acquisisce l’opera "Medusa”
prima classificata nella categoria “acquisizioni” del bando indetto dalla Direzione generale creatività contemporanea del Ministero della Cultura
Il Ministero erogherà alla Fondazione Musei Civici i fondi per il suo acquisto
la collocazione e la presentazione al pubblico
L'opera sarà destinata alla collezione di Arte Moderna della Galleria Internazionale di Ca’ Pesaro
"La Fondazione Musei Civici di Venezia - esprime Mariacristina Gribaudi
presidente della Fondazione - ha sempre creduto fortemente nel valore dell'arte contemporanea e nel consolidamento delle collezioni museali
Su questa linea si colloca la nostra partecipazione al Bando PAC (Piano per l’Arte Contemporanea) con la proposta di acquisizione di un'opera dell'artista Giorgio Andreotta Calò
autore di origine veneziana e da anni "ambasciatore" della migliore ricerca creativa in Italia e nel mondo
Sono quindi molto felice del riconoscimento ottenuto e grata alla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura che ha voluto premiare la nostra proposta"
“La Fondazione Musei Civici - commenta Elisabetta Barisoni
responsabile della Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro - ha partecipato al bando PAC proponendo la scultura in bronzo “Medusa” di Andreotta Calò
considerato oggi uno dei più apprezzati scultori nel panorama dell’arte contemporanea
La decisione del Ministero ci premia non solo per la capacità di aver saputo individuare un lavoro di alto valore artistico ma anche di essere riusciti ad ottenere un importante finanziamento che consente l'acquisizione e la presentazione al pubblico di un'opera che arricchirà in modo permanente il patrimonio della nostra Galleria"
“Quest’opera è il tentativo - chiosa Giorgio Andreotta Calò - attraverso il linguaggio scultoreo
di rappresentare Venezia come organismo vivente in tutta la sua fragilità e bellezza
Questa forma è stata generata dagli agenti naturali che governano l’ambiente lagunare
e dalla volontà di incanalarli verso un preciso esito formale
Il fatto che questa scultura venga oggi accolta proprio a Ca’ Pesaro ha per me un enorme valore simbolico
Chiude un cerchio tracciato attorno a riferimenti fondamentali per la mia formazione
Felicita Bevilacqua la Masa che per prima ha donato questo palazzo alla città
artisti d’avanguardia come Arturo Martini che lo hanno animato
il rapporto con Biennale e con la scena Internazionale dell’arte
Ringrazio Elisabetta Barisoni per aver creduto in quest’opera ed il Ministero della Cultura per averla acquisita"
"Una bella notizia per i nostri Musei ma anche per tutta la Città visto che Giorgio Andreotta Calò è nato qui a Venezia e si è formato all’Accademia di Belle Arti di Venezia e
alla Kunsthochschule di Berlino - commenta il sindaco Luigi Brugnaro
"Medusa" entra così a far parte di un patrimonio inestimabile di opere d'arte di cui Muve garantisce l'esposizione e la conservazione
Complimenti all'artista e a tutti coloro che
vengono a visitare i nostri musei dimostrando il loro interesse e la capacità della Fondazione di saper proporre ai propri visitatori mostre sempre innovative e ricche di percorsi culturali"
“(EN) Il voto espresso ieri dalla Camera dei deputati è un passo avanti nella strada del rispetto della dignità umana e dei diritti di tutte le persone siano queste eterosessuali o omosessuali
Fra i protagonisti di punta dell’importante appuntamento nazionale
L’opera di Calò testimonia il processo evolutivo e il cambiamento del territorio veronese
Con il progetto "Remoto" realizzate tre opere destinate a alla Galleria d'arte moderna
al Museo di Castelvecchio e al Museo di storia naturale
alla Galleria d’Arte Moderna Achille Forti
alla presenza dell’artista Giorgio Andreotta Calò
concepito per i Musei civici veronesi e fra i protagonisti di punta dell’importante appuntamento nazionale
ideato per i Musei civici veronesi e vincitore di PAC2020 – Piano per l’Arte Contemporanea promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura
Strutturato per la Galleria D’Arte Moderna A.Forti
per il giardino scarpiano del Museo di Castelvecchio e per il Museo di Storia Naturale
il progetto di Calò è concepito in stretta relazione con il contesto culturale e naturale del territorio
"Remoto" si origina infatti da una campagna geognostica volta a rintracciare tramite carotaggio - operazione di estrazione di campioni di sottosuolo
dette "carote" - una sequenza di strati rocciosi e
i cambiamenti registrati nel tempo dall’area di prelievo
è pensato per garantirne l’esposizione nella sua integrità di manufatto originale
come linea di pietra che registra una porzione di tempo e come esempio di linguaggio plastico
Per la Galleria d’Arte Moderna Achille Forti
l’artista ha declinato il progetto nella forma di un intervento lineare da collocare a pavimento
Il progetto è promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura
a cura di Elena Forin e prodotto da Studio Giorgio Andreotta Calò
Presenti l’assessora alla Cultura Marta Ugolini
la direttrice dei Musei civici Francesca Rossi
la curatrice responsabile Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea GAM Patrizia Nuzzo
Anna Maria Vigilante Eventi manager Art Verona
l'artista Giorgio Andreotta Calò e la curatrice Elena Forin
«Ottobre è il mese focale dell’arte Contemporanea – ha sottolineato l’assessora Ugolini –
grazie all’impegno di Amaci e delle numerose istituzioni pubbliche coinvolte
si festeggia oggi la XVIII Giornata del Contemporaneo
con moltissimi appuntamenti in programmazione e
la possibilità di accedere gratuitamente negli spazi museali aderenti
A Verona la Galleria d’Arte Moderna è a libero accesso per l’intera giornata e Palazzo Forti
con l’esposizione temporanea dell’opera di Calò
è stato aperto oggi al pubblico in via straordinaria
Delle interessanti opportunità per avvicinare cittadini e turisti all’arte Contemporanera»
con le sue tantissime proposte offerte oggi al pubblico
su tutto il territorio nazionale – ha dichiarato la direttrice Rossi – è il punto di arrivo di un più ampio impegno portato avanti dai soggetti pubblici coinvolti per sostenere una cultura istituzionale dell’arte moderna e contemporanea
è fra gli eventi protagonisti di questa manifestazione
fra i 33 vincitori in Italia del Piano per l’Arte Contemporanea promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura
Un progetto realizzato su commissione per i Musei civici veronesi
che da oggi si presenta al pubblico negli allestimenti pensati per la GAM e i Musei di Castelvecchio e di Storia Naturale»
«Felice ed entusiasta di arricchire la collezione della GAM con l’opera di Calò – ha evidenziato Nuzzo –. Il lavoro di Calò parla di identità e in questo caso è perfettamente calante in quello che è il significa di una collezione
che deve restituire l’identità di un luogo
Calò ci consegna l’essenza del nostro territorio in una stratificazione di elementi
che ne identificano caratteristiche e peculiarità specifiche
Ci mostra la pietra dell'area di prelievo
una delle identità di Verona»
«Oggi Remoto non è più tale – ha spiegato Calò – perché il progetto artistico è stato compiuto
che ha permesso di sedimentare una stratificazione di significati
in dialogo con il Museo e la complessità dei suoi linguaggi
Avrei voluto dedicare ancora più tempo a questo progetto
ma le scadenze e la ritmica di oggi ne richiedevano la conclusione»
vive e lavora tra l’Italia e l’Olanda
Ha studiato scultura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e alla Kunsthochschule di Berlino
diplomandosi nel 2005 con una tesi su Gordon Matta-Clark
Tra il 2001 e il 2007 è stato assistente di Ilya ed Emilia Kabakov
Nel 2008 si è trasferito in Olanda dove è stato artista in residenza alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten di Amsterdam (2009-2011)
Nel 2011 il lavoro di Calò è stato presentato alla 54^ Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia diretta da Bice Curiger
Nel 2012 ha vinto il Premio Italia per l’arte contemporanea promosso dal Museo MAXXI di Roma con l’opera Prima che sia notte
Tra il 2012 e il 2013 è stato artista in residenza presso il Centre National d’Art Contemporain di Villa Arson (Nizza
promosso dal Ministero per gli Affari Esteri Italiano
Nel 2017 Calò è uno dei tre artisti invitati a rappresentare l’Italia nel Padiglione curato da Cecilia Alemani nell’ambito della 57
vince la seconda edizione del bando Italian Council promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura
per la realizzazione di un’installazione monumentale presentata nel 2018 presso l’Oude Kerk di Amsterdam
Nel 2019 gli viene dedicata una mostra personale presso Pirelli HangarBicocca a cura di Roberta Tenconi
Il Pirelli HangarBicocca di Milano sta per alzare il sipario sulla grande mostra personale di Giorgio Andreotta Calò
tra i protagonisti del Padiglione Italia all’ultima Biennale d’Arte di Venezia
Si intitola CITTÀDIMILANO la mostra monografica di Giorgio Andreotta Calò
ospite del Pirelli HangarBicocca dal 14 febbraio al 21 luglio prossimi
la mostra riunisce una serie di opere realizzate dall’artista veneziano dal 2008 a oggi
innescando una rete di rimandi tra i poli geografici in cui si sviluppano l’esistenza e la carriera di Andreotta Calò
Dopo lo straordinario successo alla 57esima Biennale d’Arte di Venezia con l’installazione presso il Padiglione Italia
Andreotta Calò torna a esporre il suo lavoro attraverso opere inedite e lavori concepiti nell’ultimo decennio
ma adattati al contesto dell’hangar milanese
in linea con l’interesse dell’artista nei confronti dello spazio che accoglie di volta in volta il suo lavoro
La sperimentazione di Giorgio Andreotta Calò con i materiali più disparati ‒ dal bronzo al legno fino al caranto
lo strato argilloso su cui sorge la città di Venezia ‒ e con le tecniche più variegate ‒ una su tutte
la fusione a cera persa ‒ è uno degli aspetti chiave della mostra meneghina
che prende le mosse dalle immagini del relitto sommerso del piroscafo Città di Milano
usato all’inizio del Novecento dall’allora Pirelli Cavi per depositare nel Mediterraneo cavi sottomarini
Il racconto espositivo che prende forma nello Shed è dunque animato da una trama di rimandi: da Venezia a Milano
passando per le profondità marine della Laguna e della Sardegna
senza dimenticare la riflessione sullo scorrere del tempo e sulle trasformazioni della materia
temi cardine della poetica di Andreotta Calò
[Immagine in apertura: Giorgio Andreotta Calò
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Il mondo di Giorgio Andreotta Calò alla Biennale di Venezia
L’avvicinamento è graduale: dopo un passaggio in un grande ambiente segnato da fitte impalcature
l’artista veneziano ci fa notare alcuni elementi poco visibili
installati accanto alle finestre da cui filtra una luce fioca
«Sono dettagli non indispensabili alla comprensione del progetto»
Chi passerà di qui in maniera frettolosa non li vedrà
e andrà direttamente verso la scalinata che si intravede in fondo alla sala
«Ma va bene anche così»
e ha supportato la realizzazione di questa installazione incredibile
perché non si limita a una celebrazione estemporanea
ma interviene concretamente sulla fattibilità di opere complesse e instaura rapporti duraturi con gli artisti
È il neonato progetto Mutina for Art
che comprende anche lo spazio espositivo MUT e il programma di collaborazioni Dialogue
Un impegno fattivo a sostegno dei linguaggi contemporanei destinato a lasciare il segno
Foto in apertura: Senza Titolo (La Fine del Mondo) – Foto Roberto Marossi
l’artista ribelle che trasformò il trauma in visioni oniriche
A Forte dei Marmi una mostra racconta il tempo e il suo fluire
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Quella proposta da Giorgio Andreotta Calò (Venezia
1979) è una mostra da intendersi nel senso più profondo del termine: un viaggio volto all’esplorazione dei concetti di spazio e tempo il cui intento è oltrepassarne i confini
Questa volontà si evidenzia sin dall’origine delle opere in cui il processo di realizzazione e le modalità operative diventano aspetti centrali della poetica dell’artista che vanno a completare l’indagine di tematiche quali lo scorrere del tempo e l’idea di stratificazione materiale e simbolica attraverso l’uso ricorrente di elementi naturali quali l’acqua
L’esposizione è un percorso fluido e libero al quale si è introdotti da Senza titolo (Jona) (2019)
una proiezione da vedere come catarsi: dei sommozzatori scendono nelle profondità marine fino a raggiungere il relitto del piroscafo – naufragato nel 1919 – Città di Milano che
effettuava la posa e il monitoraggio dei cavi sottomarini che collegavano le isole minori
così il visitatore è condotto nelle profondità dell’ambiente in cui le opere costruiscono arcipelaghi di simboli e significati nel tentativo di cristallizzazione del tempo attraverso la creazione di oggetti durevoli da parte dell’artista
se la serie di Clessidre realizzate a partire dalla sovrapposizione simmetrica delle briccole corrose – creando una scultura in bronzo con il procedimento della fusione a cera persa – generano una riflessione sull’idea del doppio
instillando nell’osservatore dubbi sull’ambiguità dei confini e il ribaltamento tra ciò che si trova in profondità e ciò che è emerso
i Carotaggi adagiati sul pavimento la cui direzione rispecchia le diverse altezze di estrazione dal sottosuolo diventano un “viaggio al centro della terra” dimostrativo di come tutto si trasforma e tutto ritorna
Conclude il percorso espositivo una grande stampa fotografica Città di Milano (2019)
una sorta di quinta scenica che presenta una veduta inedita della città
portando avanti la ricerca di Andreotta Calò sulla luce e sul modo in cui essa genera immagini e possibili scenari altri
L’indagine che Andreotta Calò ha compiuto su questa scena tratta dal ciclo delle Storie di Maria a cui è dedicata la Cappella della chiesa olandese
trova un rinnovato significato nella scelta dell’artista di esporla in questa occasione negli ambienti del LabOratorio degli Angeli
che ha sede proprio in una ex chiesa dedicata al culto mariano
Mettendo da parte l’obiettivo e il mezzo fotografico
l’artista modula la luce naturale che diviene così strumento per riprodurre
in maniera diretta e senza alcuna mediazione
l’immagine dell’incontro tra la Vergine e l’Angelo annunciante
All’interno dell’ex Chiesa di Santa Maria degli Angeli saranno esposti anche i dettagli preparatori
montati per l’occasione dal laboratorio di restauro
che ha ideato con l’artista il sistema espositivo nel rispetto di precisi criteri conservativi
LabOratorio degli Angeli continua una tradizione espositiva ormai consolidata
aprendo le sue porte al pubblico in occasione di ART CITY per omaggiare i protagonisti di ieri e di oggi dell’arte italiana
con un evento esclusivo in cui l’approfondimento storico-critico si unisce allo studio delle problematiche conservative del contemporaneo e dei grandi formati
questa nuova edizione è dedicata a Giorgio Andreotta Calò
figura di spicco nel panorama artistico italiano e internazionale che ha rappresentato l’Italia alla 57esima Biennale Internazionale d’Arte di Venezia del 2017
La tela, lasciata per lungo tempo in stato di abbandono, è stata recuperata al Castello di San Pelagio da Calò assieme alla restauratrice Bruna Mariani, e ripristinata dall’atelier bolognese per essere collocata a Palazzo Sassoli. L’opera del maestro veneziano si potrà visitare su appuntamento unicamente nella giornata di sabato 8 maggio (prenotazioni: tel. 051583200 | info@laboratoriodegliangeli.it)
dedicato alla memoria di Nicola Pulese e Bruna Mariani
Ha studiato scultura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e alla Kunsthochschule di Berlino
Tra il 2001 e il 2007 è stato assistente di Ilya ed Emilia Kabakov
Nel 2008 si è trasferito in Olanda dove è stato artista in residenza alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten di Amsterdam (2009-2011)
Nel 2011 il lavoro di Calò è stato presentato alla 54ma Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia diretta da Bice Curiger
Nel 2012 ha vinto il Premio Italia per l’arte contemporanea promosso dal Museo MAXXI di Roma con l’opera Prima che sia notte
Tra il 2012 e il 2013 è stato artista in residenza presso il Centre National d’Art Contemporain di Villa Arson (Nizza
Nel 2017 Calò è uno dei tre artisti invitati a rappresentare l’Italia nel Padiglione curato da Cecilia Alemani nell’ambito della 57ma Esposizione Internazionale d’Arte
vince il bando Italian Council promosso dal MiBACT
per la realizzazione di un’installazione monumentale presentata nel 2018 presso l’Oude Kerk di Amsterdam
Nel 2019 gli viene dedicata una mostra personale presso Pirelli HangarBicocca
Il pittore “di campo” come l’ha definito la sorella Marina Clara
trascorrendo le giornate intere nei pressi di Rialto
a contatto con la vita che amava raccontare nella sua pittura
Le sue opere si conservano in vari luoghi simbolo della città di Venezia
dall’Hotel Bauer alla storica alla Scoletta dei Calegheri
sede della biblioteca di quartiere alla quale la famiglia aveva donato un’opera
La tela di Nicola Pulese presso Palazzo Sassoli (Strada Maggiore 54, Bologna) si potrà visitare unicamente nella giornata di sabato 8 maggio dalle 10.00 alle 15.00 (per appuntamenti: tel. 051 583200 | info@laboratoriodegliangeli.it)
La cultura della contemporaneità nelle sue molteplici declinazioni
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Registrazione al Tribunale di Roma n° 74/2010 del 16/03/2010
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di Daniela Trincia
Fondamentalmente, la personale di Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979), si concentra su tre serie di lavori che meglio sintetizzano la riflessione dell’artista. Infatti, entrando – all’Hangar Bicocca/Pirelli – si notano subito Clessidre
prima di inoltrarsi nella fitta selva delle opere
si registrano due elementi: l’accostamento di lavori pensato dallo stesso Andreotta Calò
pur tracciando il suo percorso artistico e concedendo libertà di movimento e di interpretazione al visitatore
appaiono disarmoniche e trasmettono la sensazione di un’accumulazione scoordinata; in secondo luogo
realizzati per precise occasioni (vedi Città di Milano)
avulsi dal contesto per cui sono stati eseguiti
che ripropone lo spazio per il quale erano stati concepiti
Anche se la linea dell’Hangar è quella di lasciare il grande ambiente dello Shed libero da interventi strutturali di allestimento
solitamente sono state individuate opere capaci di sostenere lo spazio
si armonizzavano e si adagiavano perfettamente in esso (penso alla personale di Damian Ortega: ovviamente artisti diversi
ma un’associazione mentale che palesa la differenza)
Solo approfondendo l’idea che sottostà all’intera esposizione
ma si districano pure alcuni nodi di lettura
a chiudere il cerchio e far rientrare tutto nel ciclo allestitivo ed espositivo
fu costruito per volontà di Giovan Battista Pirelli all’indomani degli accordi che strinse con la Direzione Generale dei Telegrafi e il Ministero per la Marina
Decidendo di portare in Italia l’industria dei cavi elettrici sottomarini
capofila mondiale nell’ambito delle reti telegrafiche sottomarine
fece costruire il piroscafo negli arsenali di Sunderland
nell’intento di verificare la boa di ormeggio davanti a Filicudi
il piroscafo si incagliò nella secca di Capo Graziano e calò a picco poco dopo
la ricorrenza del centenario del naufragio
ha offerto lo spunto dell’intero impianto nonché del titolo dell’esposizione
è stato considerato come il contenitore delle opere “pensate come un arcipelago di simboli e significati e ciascuna legata a un particolare contesto geografico”
Nella direttrice dedicata al capoluogo meneghino
costruita tra il video Senza Titolo (Jona)
posto sulla parete costruita davanti l’ingresso dello spazio
il lavoro su carta fotosensibile realizzato attraverso il foro stenopeico
sistemato nella parete di fondo come quinta scenografica
Posizionati in modo da ricostruire le diverse profondità di estrazione dal sottosuolo e con un andamento leggermente obliquo
essi formano una sorta di tappeto che ridisegna il pavimento e spezza la visione ortogonale dello Shed
chiama in causa l’ingegnere Emanuele Jona a bordo del piroscafo durante diverse missioni
il prologo dell’intera mostra: attraverso l’acqua
si intravedono dei sommozzatori che perlustrano il relitto del piroscafo adagiato a 90m di profondità
gettando così un ponte temporale fra il passato e il presente
Utilizzando i diversi elementi naturali (luce
ad essi affianca anche un’ulteriore pratica artistica
tramite la quale (come i suoi più immeditati predecessori Hamish Fulton o Richard Long)
suggella un rapporto diretto con l’ambiente naturale circostante
trasformando alcune idee in esperienze vissute
con gesti umili e attraverso la sequenza temporale
l’elemento presente in ogni suo intervento e opera
direttamente collegate con la sua città natale
evocata nella maggioranza dei suoi lavori)
quello del trascorrere del tempo: la stratificazione dei materiali del sottosuolo individuati con i carotaggi (campionati nella laguna di Venezia e nel Sulcis Iglesiente); la sovrapposizione di due briccole
ovvero i pali di legno conficcati nel fondale lagunare per delimitare le vie e ormeggiare le imbarcazioni
che il moto perpetuo delle maree corrode (nelle Clessidre
proposte anche nella riproduzione bronzea) e
fa il suo ingresso il tema del doppio e della specularità; le briccole perfettamente levigate nella parte superiore
pure queste riprodotte ugualmente in bronzo)
tutte sottintendono il trascorrere del tempo
Anche nelle Pinnae Nobilis (un mollusco di grandi dimensioni presente nel Mediterraneo da cui si ricavava il bisso marino
filamento utilizzato per tessuti e ricami preziosi)
e mimetizzate nell’architettura dello Shed
oltre a voler sottolineare il ripopolamento di questa specie nella Laguna
ritorna il concetto di rispecchiamento (a tal proposito
come non ricordare la suggestiva installazione dell’artista nel Padiglione Italia nella 57.Biennale di Venezia)
È nell’opera dallo spagnoleggiante titolo Volver che può essere identificata una sorta di summa della prassi artistica di Andreotta Calò: la piccola imbarcazione
adoperata dall’artista per attraversare la Laguna
è stata dapprima utilizzata in una performance
ha compiuto un “volo”: con la piccola barca
ha eseguito un “viaggio” circolare sul tetto della galleria Zero di Milano
mentre il pubblico ha potuto rivedere il volo per mezzo delle immagini riprese e proiettate all’interno della galleria e
salire sul tetto per osservare dal vivo l’imbarcazione che era stata sezionata a metà e
rimandava al visitatore l’immagine completa o sdoppiata della barca
l’artista l’ha riportata alla sua forma originaria e
le ha conferito le sembianze di una grande conchiglia; la proiezione delle diapositive con le immagini dell’azione del 2008
un “sopra” superiore al “sotto” del mare (le sculture a terra)
Dopo gli studi in storia dell’arte medievale si lascia conquistare dall’arte contemporanea
Cura mostre e collabora con alcune gallerie d’arte
Ama raccontare le periferie romane in bianco e nero
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insieme alle conseguenze sociali ed ecologiche dei processi estrattivi
sono al centro del lavoro condotto nell’isola da Giorgio Andreotta Calò
Insieme alla mostra “The Last Lamentation”
momento apicale del progetto dell’artista Valentina Medda e a “Le affinità immaginate”
sono al centro del lavoro condotto nell’isola da Giorgio Andreotta Calò: un’indagine svolta tra il 2013 e il 2018
che ha portato alla creazione di un corpus fondamentale nel percorso dell’artista
una parte di queste opere trova collocazione ideale al museo MAN grazie al Piano per l’Arte Contemporanea del Ministero della Cultura
completando e integrando la precedente acquisizione di Produttivo
l’artista dona al MAN una parte dell’installazione ambientale Produttivo
società che fino al 2018 è stata impegnata nello sfruttamento del bacino carbonifero del Sulcis
Con un procedimento simile alle indagini geognostiche
Giorgio Andreotta Calò analizza la stratificazione e l’identità del luogo sviscerandone gli aspetti socio-culturali
Una analoga radice semantica è condivisa dalle opere del progetto in girum imus nocte
che testimoniano un comune processo di ricerca e di interazione con il territorio sardo e la sua storia
tratto dal palindromo latino “in girum imus nocte et consumimur igni” (“andiamo in giro di notte e siamo consumati dal fuoco”)
allude alla carica simbolica dell’installazione filmica omonima che
crea un insieme coerente in cui i singoli elementi esaltano i reciproci significati
Il fulcro della installazione è costituito dal film che documenta la marcia compiuta dall’artista insieme a un gruppo di minatori e pescatori del Sulcis nella notte del 4 dicembre 2014 (giorno di Santa Barbara
Il cammino diventa rito in una prospettiva escatologica che riconosce il ruolo sociale dei lavoratori
La marcia rituale dalla miniera fino all’isola di Sant’Antioco
è enfatizzata dal bastone che accompagna il tragitto
diventato poi parte integrante dell’opera presentata in mostra
funzionale al senso complessivo del racconto
evocando la componente alchemica di trasformazione della materia che accomuna tutte le opere esposte
La metamorfosi del cranio di una creatura a metà tra cane (Dog) e divinità (God) è al centro di Dogod
sono stati assemblati per poi realizzare la fusione a cera persa in bronzo bianco qui esposta
Al Sulcis rimanda anche la scultura Pinna Nobilis
prodotta dal calco di un esemplare dell’omonima specie di bivalve endemica del Mediterraneo
anch’esso recuperato a Punta Trettu durante la lavorazione del film
tra i più emblematici e rappresentativi della ricerca di Giorgio Andreotta Calò
accompagnano il visitatore in profondità: negli abissi della terra
ma anche nell’essenza del metodo dell’artista
paesaggio e storia vengono assimilati dalle opere
Giorgio Andreotta Calò vive e lavora a Venezia
Ha studiato scultura all’Accademia di Venezia e alla Kunsthochschule di Berlino. Tra il 2008 e il 2010 è stato artista in residenza alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten di Amsterdam. Nel 2011 il lavoro di Calò è stato presentato alla 54.ma Biennale di Venezia diretta da Bice Curiger
Nel 2012 ha vinto il Premio Italia per l’arte contemporanea promosso dal Museo MAXXI
Nel 2017 è uno dei tre artisti invitati a rappresentare l’Italia nel Padiglione curato da Cecilia Alemani alla 57
Esposizione Internazionale d’Arte alla Biennale di Venezia
vince il bando Italian Council promosso dal Ministero della Cultura
per la realizzazione di un’installazione monumentale presso l’Oude Kerk di Amsterdam
Nel 2019 gli viene dedicata una mostra personale presso Pirelli Hangar Bicocca
Le sue opere sono parte di numerose collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero
Il progetto è sostenuto dal PAC 2022-2023 - Piano per l’Arte Contemporanea
Inaugura il 28 marzo la mostra The Last Lamentation al Museo MAN di Nuoro
momento apicale del progetto artistico di Valentina Medda
realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (XI edizione
programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura
frutto di una coproduzione che dalla Sardegna si dirama fino al Belgio
a New York e alla Slovenia e che vede capofila ZEIT
The Last Lamentation è un rituale funebre per il Mediterraneo
osservato dall’artista come luogo di attesa
incarnazione di un’assenza - deposito di corpi e corpo in sé
Valentina Medda lo attraversa nell’evocazione di un rito diffuso in tutta l’area che si affaccia sulle sue coste: il pianto rituale
indagato alla fine degli anni ‘50 dall’antropologo Ernesto De Martino
ma vivo nelle coste meridionali e orientali dal Libano al Marocco
La mostra si snoda intorno all’omonima opera video The Last Lamentation
destinata alle collezioni del MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna: un lavoro girato in Sardegna e realizzato attraverso un percorso di ricerca nel territorio
che racconta la tragedia del mare attraverso un’ipnotica partitura coreografica
Il lavoro rielabora i codici rituali in forme contemporanee e astratte grazie alla collaborazione con Gaspare Sammartano
paesaggio si stratifica per sistemi di assenza e presenza attraverso la partecipazione di un coro di 12 donne vestite di nero
elemento che per contrasto rende più tangibile la presenza silente dei morti e fa esplodere le loro voci
La mostra raccoglie inoltre un corpus di opere
molte delle quali esposte per la prima volta
che l’artista ha realizzato già nelle prime fasi di studio e che convergono intorno all’opera video ripercorrendone i momenti di elaborazione: collage
Dal 2018 Valentina Medda ha in atto una ricerca sul Mediterraneo
che inizialmente l’ha portata a lavorare a Beirut in residenza presso il Beirut Art Residency
Di questa esperienza troviamo tracce nei collage presenti in mostra
che compongono una tessitura che si annoda intorno a un territorio originario
la Sardegna - terra di provenienza dell’artista - per riconnettersi poi con il Mediterraneo
l’evocazione dei fazzoletti che accompagnano il rituale del pianto ispirati dal documentario di Cecilia Mangini sulla tradizione pugliese
si cristallizzano nel processo di solidificazione attraverso la cottura della ceramica
che brucia l’anima del tessuto interno lasciando nella scultura un vuoto
A completare la restituzione della ricerca di Medda
un quaderno d’artista raccoglie visivamente le scene in uno storyboard poetico
Immagini del mare e alcune polaroid lavorate come se questa acqua divenisse pelle
Il progetto è presentato da ZEIT (capofila)
in partnership con MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro
BE) e Flux Factory (New York) in collaborazione con la Fondazione Sardegna Film Commission e sostenuto da ARS - Arte Condivisa in Sardegna per la Fondazione di Sardegna (sponsor di progetto)
L’artista è supportata dalla rete europea di larga scala Stronger Peripheries – A Southern Coalition grazie al sostegno di Teatro di Sardegna
“Il lavoro è concepito come un rituale funebre per il mare” – dichiara l’artista Valentina Medda – “una performance partecipativa ispirata alla tradizione delle lamentazioni funebri in cui un gruppo di donne vestite di nero dà vita a un grido condiviso
un rito che guarda al coro come all’unico linguaggio possibile per raccontare una tragedia contemporanea
Nel piangere per il Mediterraneo e i suoi morti – continua l’artista – il tentativo è quello di ridare voce e corpo attraverso un’azione poetica e politica
La domanda su dove finisca il corpo e dove inizi lo spazio ha plasmato
attraverso linguaggi diversi e in modi diversi
mettendo in discussione la distinzione tra la fisicità dell'individuo e la materialità esterna nel tentativo di creare una geografia incarnata e immaginare nuovi corpi ibridi
trovando il filo che lega tutte le materie vibranti
Valentina Medda è un’artista interdisciplinare sarda che vive a Bologna
Ha studiato fotografia all’ICP - International Center of Photography di New York
La sua pratica artistica si snoda tra immagine
indagando la relazione tra pubblico e privato
Il suo lavoro è stato esposto e gira in contesti artistici e performativi nazionali e internazionali da Bologna
È stata artista in residenza presso Couvent de Recollets
Nel 2019 è stata invitata al Grand Tour d’Italie
progetto di networking internazionale della Direzione Generale Contemporanea del Ministero della Cultura
il Fondo Cimetta per la mobilità artistica
IAP Mentorship della NYFA - New York Foundation for Arts e Tina Art PRIZE
Il suo progetto Cities by Night Across Borders
è stato selezionato tra i 19 vincitori del programma europeo “Perform Europe”
Il museo MAN di Nuoro è lieto di annunciare “Le affinità immaginate”
una grande mostra dedicata alla collezione storica che esce dai depositi per un progetto di rilettura e riallestimento
Il percorso è volto alla partecipazione della comunità locale
per attivare una riflessione su temi identitari
ma con lo sguardo sensibile a prospettive universali
Dalla microstoria alla macrostoria dell’uomo: la Sardegna
rappresentano un caso esemplare di fatti maggiori
un concentrato di eventi che rispecchiano quelli italiani
in una dimensione circoscritta ma fondamentale come tassello di un orizzonte ampio
Dal verismo di Antonio Ballero al divisionismo del primo Sironi
dal ritorno all'ordine di Ciusa Romagna al realismo borghese di Francesca Devoto
dall'astrattismo di Mauro Manca alle vite straordinarie di Fancello
dalla prorompente e toccante creatività di Maria Lai
fino alle ricerche delle ultime generazioni
spiccano allestimenti site-specific realizzati per gli spazi del museo nell'ambito di premi vinti grazie ai bandi del Ministero e dove i nomi dei sardi emergenti si alternano ad altri
chiamati ad abitare e a raccontare l’isola
Una scelta di 100 capolavori su mille opere della collezione permanente punteggiano un percorso ripensato alla luce di nuove indagini e all'indomani della pubblicazione del catalogo edito da Officina Libraria col titolo “100 Capolavori dalla collezione del MAN”
Una ricognizione a 360 gradi fra acquisizioni
permette di leggere in modo differente le connessioni fra soggetti e autori
L'allestimento ispirato a una sorta di macchina del tempo – diversamente dal classico andamento cronologico – crea cortocircuiti
flashback e salti nel contemporaneo – al fine di stimolare nel visitatore possibili affinità
Importanti sono i tributi a Costantino Nivola (scelto da Adriano Pedrosa curatore della prossima Biennale di Venezia per la sua mostra dedicata agli esuli nel mondo) oltre a Jorge Eielson (in linea con le celebrazioni internazionali per il centenario dalla nascita)
e a Guido Strazza maestro dell’astrazione italiana dal dopoguerra in avanti
legato alla Sardegna per i natali materni e per una forte amicizia intellettuale con Maria Lai
Strazza ha concesso in donazione al MAN tre opere monumentali esposte ora per la prima volta
La collezione del MAN festeggia in questa occasione i suoi 25 anni di vita; nata insieme al museo
è diventata rapidamente una delle più significative testimonianze dell'arte in Sardegna
dall'alba del secolo fino ai giorni nostri
Tutte le opere del fondo hanno un valore storico e sociale
nel caso di esemplari che hanno avuto un rilievo particolare sullo sfondo dell'isola
si alternano a ricerche estetiche informate ai movimenti e alle sperimentazioni in corso da Roma a Venezia a Milano
e che hanno segnato l'evoluzione dell'arte in Italia tanto quanto l'esperienza degli artisti sardi approdati nei centri più vitali della penisola
dove hanno studiato e intrecciato le proprie origini con i modi delle correnti d'avanguardia
il MAN inaugura tre importanti progetti d’arte contemporanea
frutto dei bandi promossi dal Ministero della Cultura
Tre mostre in tre spazi del museo che andranno ad armonizzare idealmente con le opere storiche della raccolta
dall’iconografia del pianto rituale a quella del lavoro operaio nelle miniere
il progetto è sostenuto dal PAC 2022-2023 - Piano per l’Arte Contemporanea
Il progetto è realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito dell’11ª edizione dell’Italian Council (2022); promosso e prodotto da Lo schermo dell’arte
L’opera entrerà a far parte della collezione del MAN di Nuoro
Progetto vincitore del bando Italian Council 2022
Curato e realizzato in collaborazione con Maria Paola Zedda
La mostra al MAN di Nuoro presenta 100 lavori della collezione permanente del museo
offrendo un viaggio affascinante nella ricca…
La Pallamano Trieste è lieta di poter annunciare di aver trovato un accordo biennale con l'atleta Leo Andreotta
191 cm x 85 kg) reduce da due annate nel Campus Italia è cresciuto pallamanisticamente a Venezia
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Prosegue quindi il mercato alabardato, apertosi con la notizia dell’addio del forte attaccante Luciano Scaramelli. Un mercato che, dopo le difficoltà della scorsa stagione
dovrà fornire una rosa quanto più completa possibile a coach Radojkovic
proprio la scarsa profondità del roster a disposizione e di conseguenza forti limiti nelle rotazioni
gli alabardati dovranno provare a costruire una rosa più ampia
per dare con ancora maggiore convinzione l’assalto alla massima serie
che sembra essere improntato sulla prospettiva futura
data la giovane età dei profili arrivati alla corte alabardata
Il nuovo arrivo della Pallamano Trieste, Andreotta, come detto ha vestito per due anni la casacca del Campus Italia, assaporando quindi anche la Serie A Gold e con la squadra federale ha chiuso al dodicesimo posto in campionato retrocedendo nella prossima Serie A Silver (la formazione federale
promossa in massima serie d’ufficio per la rinuncia della Pallamano Trieste al massimo campionato
avrebbe in ogni caso fatto fatto ritorno nella seconda serie nella prossima stagione)
Leo Andreotta ha indossato anche la maglia delle selezioni giovanili azzurre e della nazionale di beach handball
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interpretazioni e ricostruzioni anche soggettive
nell'intento di fare informazione e di divulgare notizie di interesse pubblico
Invitiamo i lettori ad approfondire sempre l’argomento politico trattato
a consultare più fonti di riferimento e le persone citate nel testo
e lasciamo a ciascuno la libertà d’interpretazione
il 16 giugno 1919 il piroscafo Città di Milano
che la Pirelli Cavi utilizzava per depositare cavi sottomarini
naufragò al largo delle Isole Eolie sommergendo civili e militari: da qui inizia il racconto espositivo di Giorgio Andreotta Calò
dalle profondità del mare a quelle del sottosuolo
CittàdiMilano è la nuova personale dell’artista veneziano presentata nello spazio Shed di Pirelli HangarBicocca
si sviluppa in un unico grande ambiente che ricrea le suggestioni di un mondo sommerso dove le opere –realizzate dal 2008 a oggi– sembrano giacere in profondità
Allo spettatore non viene data nessuna indicazione
egli diventa primo protagonista scegliendo di compiere il percorso che più lo invita: il preludio dell’esperienza è offerto dalle riprese di repertorio
che riportano le immagini sottomarine del relitto affondato nel 1919 da cui l’artista prende il nome della personale
innestando un denso gioco di rimandi e significati simbolici
Tra opere del passato e di nuova produzione
Giorgio Andreotta Calò pone in relazione le caratteristiche della materia con cui lavora –bronzo
caranto (strato argilloso su cui sorge Venezia)- con gli effetti che su queste generano acqua
Milano diventa un arcipelago di cui fanno parte Venezia
tanto che il risultato finale è un unico orizzonte marino in cui si stratificano storia e geografia
installazioni e interventi spaziali costituiscono il medium d’indagine creativa dell’artista che vive tra l’Italia e l’Olanda
per l’esposizione milanese la pratica scultorea è la prediletta: i cosiddetti carotaggi (Produttivo
sono una serie di realizzazioni costituite da campioni di roccia e sedimenti prelevati dal sottosuolo della laguna di Venezia nel 2014 assemblate a quelli estratti
I due tipi si differenziano per stratificazioni e cromature e sono alternati
per tutto lo spazio dell’HangarBicocca
la cui produzione è iniziata nel 1999 e ancora oggi si protrae
la scansione del tempo e sono realizzate mediante la tecnica della fusione a cera persa scegliendo come basamento la briccola
i pali utilizzati per ormeggiare a Venezia
Il medesimo procedimento è seguito per Meduse (2013-in corso)
mentre con Pinna Nobilis e DOGOD l’artista ricompone la relazione tra Venezia e la Sardegna lavorando con gli elementi ossei dei molluschi endemici delle zone
appeso al soffitto e posto vicino all’entrata dello spazio Shed
è il reperto di un cavo danneggiato utilizzato negli anni novanta per la trasmissione sottomarina di dati
prelevato dalle acque dell’isola di Ischia
è oggettivazione del concetto di connessione non solo tra il sottosuolo e la superficie ma anche tra i significati delle varie opere presenti
la carcassa ribaltata della barca utilizzata da Giorgio Andreotta Calò nel dicembre del 2008 per sorvolare
i tetti del quartiere milanese di Lambrate
Qui infatti si trova anche la terrazza della Galleria Zero dove l’artista realizzò la sua prima personale
L’azione viene ripercorsa a fianco da una serie di diapositive e una grande stampa stenopeica di 10 metri raffigura dall’alto la zona orientale di Milano in cui si trova appunto la galleria concludendo
specularmente alla proiezione iniziale del piroscafo sprofondato
il tutto si presenta simile a un grande desktop dove
in base alle proprie percezioni e moti irrazionali
si sceglie di approfondire l’una o l’altra opera
immergendosi in un mare misterioso di storia e connessioni simboliche che legano Milano
Sito web ufficiale
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HangarBicocca, lo spazio per l’arte contemporanea di Pirelli, presenta dal 6 novembre 2013 al 9 febbraio…
E’ online il nuovo progetto digitale “Bubbles” che vede il sito web di Pirelli Hangar Bicocca…
Dal 23 maggio Pirelli HangarBicocca riapre al pubblico assicurando massima sicurezza. Prorogata fino…
Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi e Adelita Husni-Bey. Chi sono i tre artisti scelti per rappresentare…
Otto mostre monografiche di protagonisti della scena internazionale -Anicka Yi, Steve McQueen, Bruce…
All’Hangar Bicocca va in scena un viaggio alle origini dell’arte del futuro. Per la prima volta…
MILANO – Uno tra gli artisti della scena artistica contemporanea più interessanti è protagonista nello spazio Shed di Pirelli HangarBicocca con la mostra CITTÀDIMILANO
Il lavoro di Calò affonda le radici in alcune pratiche concettuali e processuali tipiche degli artisti degli anni Sessanta e Settanta per poi aprirsi a nuove evoluzioni ed è il risultato di un lungo processo di ricerca sui materiali – da quelli classici
L’interesse per i materiali organici avvicina inoltre le sue opere agli attuali dibattiti internazionali sull’utilizzo e dispersione delle materie prime e ai temi sui cambiamenti socio-ecologici
La mostra milanese si concentra in particolare sulla sua pratica scultorea
All’interno dello Shed si possono osservare alcune delle opere più rilevanti in una disposizione studiata appositamente dallo stesso artista
che scardina la simmetrica architettura dello spazio e che trasforma l’ambiente in modo da “mettere il pubblico di fronte alla possibilità di intravedere qualcosa che si situa ‘oltre’” – come spiega l’artista.
Per l’occasione Giorgio Andreotta Calò ha inoltre compiuto ricerche sulla storia della società Pirelli
che portano alla luce narrazioni inedite del passato
ma che si relazionano a temi e luoghi già presenti nel lavoro dell’artista
Foto: Giorgio Andreotta Calò CITTÀDIMILANO
Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca
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CITTÀDIMILANODal 13 Febbraio 2019 al 21 Luglio 2019Milano, Pirelli HangarBicoccavia Chiese 2ORARI: da giovedì a domenica ore 10-22Ingresso gratuitoInfo: +39 02 6611 1573info@hangarbicocca.org; www.hangarbicocca.org
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Chi siamo Archivio
1979; vive e lavora tra Italia e Olanda) è uno degli artisti italiani più interessanti degli ultimi anni e ha rappresentato l’Italia alla 57ma Biennale di Venezia (2017)
anche attraverso l’uso di elementi naturali densi di significati simbolici – come l’acqua
Il suo lavoro affonda le radici in alcune pratiche concettuali e processuali tipiche degli artisti degli anni Sessanta e Settanta per poi aprirsi a nuove evoluzioni ed è il risultato di un lungo processo di ricerca sui materiali – da quelli classici
ad altri più inusuali come ad esempio il caranto
lo strato argilloso sottomarino su cui sorge la città di Venezia –
Il suo interesse per i materiali organici avvicina le sue opere agli attuali dibattiti internazionali sull’utilizzo e dispersione delle materie prime e ai temi sui cambiamenti socio-ecologici
Parte integrante della sua metodologia artistica è la costante rielaborazione e riconfigurazione delle sue opere in base al contesto geografico e culturale in cui vengono esposte: per CITTÀDIMILANO l’artista si concentra sulla sua pratica scultorea
presentando in stretto dialogo lavori realizzati dal 2008 a oggi e qui concepiti come parte di un unico paesaggio
che trasforma la percezione dell’ambiente ed evidenzia i legami che intercorrono tra le opere stesse
come quella del relitto del piroscafo Città di Milano – da cui l’intera esposizione prende il titolo
Una galleria fotografica per ripercorrere sommariamente per immagini l'immaginario creativo dei tre selezionati da Cecilia Alemani
cercando di contestualizzarli nel quadro del panorama italiano
e di distillare una linea che potrebbe uscire dalla loro presenza nella stessa mostra
I nomi sono quelli di Giorgio Andreotta Calò
Roberto Cuoghi e Adelita Husni-Bey: i primi – riflettevamo – tutto sommato prevedibili o previsti
Artisti comunque conosciuti al pubblico degli appassionati del contemporaneo
degli specialisti e dei professionisti: ma quanti hanno ben presente il loro lavoro
e quindi sono in grado di figurarsi come si potrebbero affacciare sulla prestigiosa scena dei Giardini
Noi intanto vi mettiamo a disposizione una galleria fotografica che ne ripercorre sommariamente per immagini…
Al centro delle cronache internazionali ben prima della sua inaugurazione
il Padiglione curato da Cecilia Alemani è stato presentato oggi agli addetti ai lavori
Svelando le tre riuscitissime installazioni di Roberto Cuoghi
Adelita Husni-Bey e Giorgio Andreotta Calò
L’assenza di luce e atmosfere al confine tra intimità e inquietudine caratterizzano i tre interventi installativi che compongono Il mondo magico ospite del Padiglione Italia. Sotto la curatela di Cecilia Alemani
Adelita Husni-Bey e Giorgio Andreotta Calò hanno dato forma a una triade di interventi ben distinti eppure complementari
giocati sul filo della percezione e di una imprescindibile complicità visiva con lo spettatore
Tocca a Roberto Cuoghi accogliere il pubblico
da cui emerge un percorso luminoso e plastico attraverso lo spazio
che collega idealmente le “stazioni” di una vera e propria fabbrica di soggetti devozionali
ispirati al testo medievale di dottrina cristiana Imitatio Christi
da cui trae spunto il titolo dell’opera
Materia organica e riferimenti spirituali conducono lo sguardo verso l’installazione di Adelita Husni-Bey
The Reading / La Seduta affianca il linguaggio del video a quello dell’intervento scultoreo restituendo un’indagine su questioni delicate come la razza e il genere e traendo spunto dall’universo dei tarocchi per discutere le tante sfumature che accompagnano la nozione di terra
Il risultato è un ambiente raccolto ma non del tutto sicuro
dove la materia è latrice di una velata incertezza e la pratica didattica è il cuore pulsante del progetto
L’aspetto ambientale gioca un ruolo di primo piano anche in Senza titolo (La fine del mondo)
l’intervento realizzato da Giorgio Andreotta Calò al termine di un iter espositivo che assorbe i sensi di chi lo percorre
Una rigorosa infilata di tubi da ponteggio – animati
dalla riproduzione di grandi conchiglie – è sormontata da una piattaforma di legno
base di appoggio di un mondo capovolto e sommerso
lo sguardo diviene preda di un effetto ipnotico: le travi del soffitto si riflettono in uno specchio d’acqua profondo una trentina di centimetri
del quale l’occhio fatica a cogliere la superficie
Un omaggio straniante a La fine del mondo dell’antropologo Ernesto de Martino
in un gioco specchiante tra l’universo degli inferi e quello terrestre
www.labiennale.org
Arianna Testino si è formata tra Bologna e Venezia
laureandosi al DAMS in Storia dell’arte medievale-moderna e specializzandosi allo IUAV in Progettazione e produzione delle arti visive
Dal 2015 a giugno 2023 ha lavorato nella…